Lunedì 1 Luglio 2024
GIOVANNI ROSSI
Cronaca

Pescara, il dolore e le lacrime. In mille alla fiaccolata nel parco del massacro. "Siamo tutti sconvolti"

Istituzioni e tanti giovani alla veglia per Thomas Luciani. Lo striscione: "Crox vive per sempre". Il procuratore: tragedia frutto di disagio culturale, la musica trap ha un ruolo

Fiaccolata a Pescara in ricordo di Thomas Christopher Luciani

Fiaccolata a Pescara in ricordo di Thomas Christopher Luciani

Roma, 26 giugno 2024 – ‘Crox vive’: è la scritta che campeggia su uno striscione esposto a Pescara davanti all’ingresso del parco Baden Powell, dove Thomas Christopher Luciani – detto Crox – domenica pomeriggio, attorno alle 17.20, scompare da questo mondo a 16 anni di vita (17 ancora da compiere), trafitto da 25 coltellate – sempre in attesa che l’autopsia le confermi. A esporre lo striscione in memoria della vittima sono amici e conoscenti del ragazzo. E sotto quel cartello si ritrova l’adunata cittadina per la veglia di preghiera promossa dalla Comunità di Sant’Egidio.

Sono presenti tutte le istituzioni: il sindaco Carlo Masci, il prefetto Flavio Ferdani, il questore Carlo Solimene, il comandante provinciale dei carabinieri Riccardo Barbera, altri rappresentanti delle forze dell’ordine e molti esponenti politici. Almeno mille le persone che ritengono doveroso mobilitarsi e pensare. Fiori, cartelli, occhi umidi. Senso di spaesamento. "Siamo qui, anche se molti di noi non conoscevano Thomas, perché ci sentiamo coinvolti e sconvolti", dice padre Rolando Curzi, sacerdote della Comunità di Sant’Egidio, descrivendo "l’ombra scesa su Pescara e tutta Italia". Ancora: "Proviamo dolore e grande tristezza per Thomas. Proviamo dolore per gli altri ragazzi e le loro famiglie. Credo che tutti abbiano bisogno di misericordia, di pietà, che spesso manca anche nella vita quotidiana. Pregare vuol dire cominciare a credere in una Pescara più umana, a partire dai giovani".

La città sotto choc si interroga sulle cause di un delitto così efferato, sintomatico di un crescente disagio giovanile aggravato da abuso di stupefacenti e di social, un mix di agenti forse non sufficientemente studiato. Il neurologo e divulgatore Rosario Sorrentino vede nella stagione della pandemia e del lockdown, "una gigantesca incubatrice capace di far emergere a dismisura diverse forme di disagio mentale". Anche "l’abuso di social" è un co fattore decisivo, a giudizio dell’esperto, "perché fa ritardare ulteriormente la maturazione di quella parte del nostro cervello che dovrebbe imprimere un freno, una censura, a certi comportamenti. A certe pulsioni". Nel caso specifico di questo assurdo omicidio, il neurologo ipotizza prima la "condivisione di una progettualità terrificante" per sopprimere un coetaneo "venuto meno a regole o codici molto discutibili" e poi lo sconfinamento nella violenza più terribile. Una dinamica folle: soggetti fino al momento precedente "irreprensibili, insospettabili" diventano protagonisti di "azioni allucinanti". Spiegazione che ovviamente non attenua il dolore di nonna Olga Cipriano, capace di crescere Thomas "come una mamma", degli amici più cari e di tutti i cittadini pescaresi consci che la tragedia non debba passare in giudicato senza una contemporanea riflessione collettiva: della politica, della scuola, delle famiglie, dei ragazzi.

Anche il procuratore capo di Pescara Giuseppe Bellelli, alla guida della prima fase delle indagini fino al passaggio di testimone con David Mancini, capo della procura dei minori dell’Aquila, torna sul caso ai microfoni di Rete4: "È un delitto che denota, dico in generale senza riferirmi ai fatti specifici, un quadro di disagio più che esistenziale, direi culturale, dove l’ansia da social, l’ansia di emergere, di essere i primi, migliori, più duri, più forti, più cattivi, è diffusa. I giovanissimi sono sempre connessi, ascoltano trap, che chiamarla musica è difficile", accusa il magistrato paventando il perché: i testi delle canzoni trap "sono istigazioni a delinquere in cui si esaltano la violenza, la droga, la violenza sulle donne, l’uso di armi". La conseguenza, secondo Bellelli, è patologica: "Stimoli subculturali, disagio culturale".