Caro Direttore, giorno dopo giorno la tragedia ucraina si consuma. Già un milione di profughi hanno attraversato il confine ucraino. Altri milioni hanno lasciato le città in cerca di un rifugio sicuro nelle campagne. Intanto prosegue incessante l’offensiva militare russa dal cielo, da terra e dal mare puntando a fiaccare ogni resistenza e a stringere Kiev in una morsa a tenaglia. I colloqui avviati tra le delegazioni di Kiev e Mosca procedono lentamente, senza che Mosca conceda una tregua richiesta peraltro non solo dagli ucraini, ma anche dalle Nazioni Unite, dall’Unione europea e i suoi principali leader. E anche se i margini di un negoziato appaiono esigui, ogni spazio anche minimo deve essere percorso per far tacere le armi e aprire la strada a una soluzione negoziata. Anche se grazie a un potenziale militare nettamente superiore Putin può imporre una soluzione basata sulla forza, da questa sciagurata avventura il presidente russo non sta traendo i risultati sperati.
Aveva scommesso su una guerra lampo che gli consegnasse l’Ucraina in poche ore e invece deve fare i conti con una resistenza tenace che dimostra che gli ucraini non vogliono in nessun modo essere sudditi di Mosca. Aveva pensato che l’esito infausto della vicenda afghana, avrebbe reso gli Stati Uniti meno reattivi e gli europei più reticenti e invece mai come in questa occasione il rapporto transatlantico ha dimostrato la sua solidità. Ha scommesso sulla forza di ricatto del gas russo e invece si trova colpito da sanzioni che metteranno a dura prova la tenuta dell’economia russa.
Ha creduto di poter contare su un vasto sostegno internazionale e invece all’Onu la risoluzione di condanna ha raccolto il voto del 90% degli Stati.
Ha cercato di compattare il consenso interno sollecitando l’orgoglio della “grande Russia” e per la prima volta nelle piazze delle città russe – nonostante la repressione della polizia e migliaia di arresti – si è manifestata una protesta che contesta non solo l’avventura ucraina, ma anche il modo autocratico del regime putiniano. Ha voluto la prova di forza per ottenere dal mondo il riconoscimento della Russia come potenza globale e si trova in una condizione di isolamento quale mai aveva conosciuto.
Insomma: la guerra di Putin ha prodotto il solo risultato di destabilizzare gli equilibri geopolitici che dalla caduta del muro di Berlino avevano garantito stabilità e sicurezza all’Europa, senza peraltro che la Russia ne possa ricavare alcun dividendo positivo. Nasce da qui la decisione dell’Occidente – e dell’Italia – di non subire la protervia di Putin e la sua violazione di ogni regola della convivenza pacifica. Ed è la ragione per cui il nostro posto è al fianco degli ucraini. Con sanzioni aspre e severe per indurre Putin a fermarsi e accettare la strada del negoziato. A fianco dei profughi e della popolazione civile mettendo in campo un grande azione umanitaria e di solidarietà. A fianco di chi combatte mettendogli a disposizione gli strumenti per difendere la sua, e la nostra, libertà.
Piero Fassino, Presidente della Commissione Esteri della Camera dei deputati