"Addio piccola mia, papà adesso deve fare un lungo viaggio". Isidor guardò sua figlia negli occhi per l’ultima volta, la baciò sulla fronte, si sporse dal camion in partenza per Fossoli dalla strada di fronte al carcere di Regina Coeli, carico di prigionieri ebrei rastrellati a Roma come lui, e sollevò la bambina fuori dal mezzo per porgerla tra le braccia di una sconosciuta che gli stava di fronte, sul marciapiede, approfittando di un attimo di distrazione delle sentinelle armate. "È mia figlia, è tutta la mia vita, gliela affido. Non ci conosciamo, ma so che la salverà".
È il febbraio del 1944, pioviscola e da pochi mesi i nazisti hanno rastrellato 1.259 ebrei dal ghetto di Roma per deportarli nei campi di concentramento: 363 uomini, 689 donne, 202 bambini, anziani, malati, neonati. Ne torneranno solo sedici a casa alla fine della guerra. Pochi mesi dopo, a quegli ebrei fermati, si aggiungono appunto anche Isidor Stricks, cittadino polacco ebreo fuggito in Italia dalla Francia, fermato pochi giorni prima per caso vicino a Roma, e sua figlia Gertrude, di cinque anni, insieme ad altri. La mamma per fortuna era riuscita a fuggire. Isidor, un attimo prima che il camion parta verso i lager, vede una sconosciuta e riesce a consegnarle la figlia. Quell’uomo non tornerà più dai campi di sterminio e per moltissimi anni in Italia tutti coloro che conoscevano Isidor e la sua famiglia furono certi che anche la piccola Gertrude fosse morta ad Auschwitz con il padre. Trasformata in cenere e volata via dai camini. Anche perché in una nota ufficiale, il suo nome compariva insieme a quello del papà tra i deportati uccisi ad Auschwitz.
Ci sono voluti 81 anni per sapere che non era vero. Le ricerche di Maria Grazia Lancellotti, nell’ambito del progetto Il Civico giusto, hanno permesso di accertare che Gertrude si era salvata davvero, grazie proprio a quella sconosciuta, che si chiamava Marcella Ficca. La donna, che insieme al marito Alfredo Monaco avevano già agevolato qualche tempo prima la rocambolesca fuga dal carcere di Sandro Pertini e di Giuseppe Saragat, ascoltò la preghiera di quel papà disperato. Trudy non parlava una parola di italiano, Marcella non capiva il polacco, ma ai suoi due figli, ne aggiunse una terza. La piccola restò in quella famiglia che il destino le aveva offerto fino a giugno. Poi la madre Fanny riuscì a sapere dalla comunità ebraica di Roma dove si trovava la figlia e andò a recuperarla. Per un mese vissero in cattività in un convento, poi la salvezza: salirono con mille profughi a bordo della nave Gibbons, salpata da Napoli il 20 luglio del 1944 e riuscirono a raggiungere gli Usa, nel campo profughi di Oswego.
Sono passati 80 anni. Trudy vive ancora negli Usa e ha un figlio di nome Brian. Oggi ha 86 anni ed è viva grazie al gesto d’amore di quei due coniugi inghiottiti dall’abisso del tempo. Alfredo e Marcella Monaco non smisero mai di cercarla, ma morirono senza sapere se la piccola e la madre si fossero salvate davvero. Per questo Maria Grazia Lancellotti ha fatto incontrare Gertrude e suo figlio Brian con i discendenti dei coniugi Monaco. E ora, grazie a questa scoperta, sono state avviate le pratiche allo Yad Vashem per far insignire i Monaco del titolo di "Giusti fra le Nazioni".
Isidor invece da Fossoli non finì ad Auschwitz, ma a Mauthausen, e lì purtroppo morì. Sua figlia Gertrude, dopo 80 anni, ha sempre di fronte agli occhi l’ultimo bacio di suo padre, su quel camion, in quella strada di Roma. Non c’è stato un giorno, uno soltanto, in cui non abbia pensato al suo sguardo. Quello sguardo che fu l’ultimo suono del loro addio.