Lunedì 29 Luglio 2024
VIVIANA PONCHIA
Cronaca

Papà Turetta intercettato in carcere. Le parole di sostegno, ora le scuse: "Temevo mio figlio si uccidesse"

Il 3 dicembre disse al giovane reo confesso dell’omicidio di Giulia: hai avuto un momento di debolezza. E dopo l’ondata di sdegno: "Ero disperato, ma non ho mai pensato che i femminicidi siano cose normali". .

Papà Turetta intercettato in carcere. Le parole di sostegno, ora le scuse: "Temevo mio figlio si uccidesse"

Il 3 dicembre disse al giovane reo confesso dell’omicidio di Giulia: hai avuto un momento di debolezza. E dopo l’ondata di sdegno: "Ero disperato, ma non ho mai pensato che i femminicidi siano cose normali". .

"Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse. Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi". Bisogna provarci davvero. Mettersi nei suoi panni. Non c’è un nome per i genitori che subiscono la morte di un figlio. Nicola Turetta adesso è però quello del padre il cui figlio ha commesso qualcosa che definire omicidio è riduttivo. Filippo ha sequestrato l’ex fidanzata Giulia Cecchettin. L’ha colpita, ferita, imbavagliata. Poi ha portato il suo corpo lontano cercando di farlo sparire. E papà, devastato dall’enormità dei fatti, incontrandolo in carcere il 3 dicembre innanzitutto ha pensato a lui.

"Hai fatto qualcosa però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza". Questo gli ha detto e questo riportano le intercettazioni. Oggettivamente terribile nel contesto. "Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. Però ti devi laureare".

Nell’intervista al Corriere.it, dopo l’onda di sdegno per quelle frasi di incoraggiamento nei giorni successivi all’arresto, Nicola Turetta ammette il nonsenso e chiede pietà. "Ero solo un padre disperato. Chiedo scusa, certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so. Ma in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si ammazzasse". Mettersi nei suoi panni significa capirlo allora e capirlo adesso, schiacciato dentro una bolla di odio collettivo. "Non ho dormito. Sto malissimo. Sono uscito di casa per non preoccupare ulteriormente mia moglie e l’altro mio figlio. Ora si trovano ad affrontare una gogna mediatica dopo quel colloquio pubblicato dai giornali. Io ed Elisabetta avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro. Abbiamo un altro figlio a cui pensare, dobbiamo cercare di andare avanti in qualche modo, anche se è difficilissimo. Chi avrà il coraggio di affrontare gli sguardi e il giudizio dopo quei titoloni che mi dipingono come un mostro?".

Mostro il figlio, mostro il padre. Così è più facile, tutto torna. "Non normalizziamo il femminicidio" ha scritto sui social Elena Cecchettin, la sorella della vittima. Non era sua intenzione, c’è da credergli. Nicola guardava negli occhi il suo ragazzo e provava ad aggrapparsi a una "fesseria": lo fanno in tanti, tu ti devi laureare. Che cosa avremmo detto noi al suo posto? Lo avremmo spinto nel burrone maledicendolo, dicendogli che la sua vita non aveva senso e tanto valeva farla finita subito? "Gli ho detto ti devi laureare non perché mi interessasse o perché immaginassi un futuro fuori dal carcere per lui, ma solo per tenerlo impegnato e non fargli pensare al suicidio. È logico che non se ne farà niente della laurea e dovrà giustamente scontare la sua pena per quello che ha fatto". Assicura che il figlio si rende conto di tutto: "Non ha nessuna speranza o intenzione di sottrarsi alle sue responsabilità".