Città del Vaticano, 26 gennaio 2022 - Mai condannare un figlio, neanche quando maturi un orientamento omosessuale. Non era mai capitato che un Papa, nell’ambito del contesto ufficiale di un'udienza generale, affrontasse a viso aperto la questione dei genitori con figli gay e lesbiche. A rompere anche questo tabù è stato Francesco, parlandone stamane a braccio durante una catechesi incentrata sulla figura di Giuseppe, il padre di Gesù. “Penso anche ai genitori davanti ai problemi dei figli – sono state le parole pronunciate nella basilica di San Pietro –. Figli con tante malattie, i figli ammalati, anche con malattie permanenti: quanto dolore lì. Genitori che vedono orientamenti sessuali diversi nei figli; come gestire questo e accompagnare i figli e non nascondersi in un atteggiamento condannatorio“.
Un discorso dello stesso tenore Bergoglio l’aveva tenuto nel settembre di due anni fa. Allora, a margine di un’altra udienza generale, si era intrettenuto con un gruppo di mamme e papà di ragazzi Lgbt, appartenenti alla realtà cristiana della ’Tenda di Gionata’. Nell'occasione espresse tutta la vicinanza e l'amore di Dio senza distinzioni di orientamento sessuale. Anche quel faccia a faccia in pubblico fu la prima volta di un Pontefice a contatto con genitori di gay e lesbiche.
Con la catechesi di oggi prosegue così l’opera di Bergoglio diretta allo sdoganamento degli omosessuali nella Chiesa, iniziata nel 2013 sul volo di ritorno dalla Giornata mondiale della gioventù,con l’arcinoto ’Chi sono io per giudicare un gay che cerca Dio?’. Una strategia fondata su due capisaldi del cristianesimo (la misericordia e la centralità della persona umana) e protesa in tre direzioni: accompagnamento, incontro e sostegno. Dell’esigenza di una sollecitudine particolare nei confronti delle famiglie, segnate dalla presenza di figli gay, Francesco scrisse per la prima volta nella sua esortazione apostolica più nota, Amoris laetitia (2016). La necessità di favorire in particolare cammini spirituali per ragazzi omosessuali è messa nero su bianco nel documento finale del Sinodo sui giovani in un passaggio né ripreso, né sconfessato da Bergoglio nell’esortazione finale dell'assise, la Christus vivit (2019).
In più di un’occasione il Papa ha incontrato persone gay e lesbiche, anche sposate o accompagnate, senza nascondere tra l'altro il suo endorsement alle unioni civili dello stesso sesso. Bergoglio, in questi quasi nove anni di pontificato, ha soprattutto profuso il proprio sostegno agli operatori pastorali che hanno lanciato un ponte fra la Chiesa e la galassia Lgbt, per dirla con uno di loro, il gesuita James Martin. Quest’ultimo, non sempre ben visto nella sua America, è stato più volte ricevuto in udienza dal Papa, oltre ad essere stato nominato dallo stesso consulente della Segreteria vaticana per le Comunicazioni. Ancora più significativa, se vogliamo, è stata la lettera con cui qualche settimana fa il Pontefice ha riabilitato suor Jeannine Gramick, paladina dei diritti omosessuali, osteggiata negli scorsi anni sia dall’episcopato Usa, sia dalla Santa Sede.
Priorità all’attenzioneai gay piuttosto che reprimende sulla condizione omosessuale. Sta qui in sostanza lo scarto sul tema fra papa Francesco e i suoi immediati predecessori, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. La strategia paga al banco dell’empatia nel mondo laico e credente impegnato sul versante dell’accoglienza, ma non cancella la spinosa questione della difficoltà di conciliare la dottrina e la pastorale omosessuale. La prima, vedesi il Catechismo della Chiesa cattolica, mantiene comunque un giudizio negativo sull’oggettivo disordine dato dalla condizione omosessuale, così come sui rapporti omosessuali definiti intrinsecamente disordinati. Non è un caso che l’ex Sant’Uffizio, chiamato in causa sulla benedizione delle coppie gay, si sia espresso in maniera contraria, sollevando un vespaio di polemiche nelle Chiese tedesca, austriaca e svizzera, evidentemente più pronte di altre ad andare oltre la svolta pastorale.