Giovedì 20 Marzo 2025
Giovanni Panettiere
Cronaca

Dodici anni di papa Francesco: “Il bergoglismo gli sopravviverà”. Lo storico: ora tocca al Vaticano

Faggioli (Villanova University) e la malattia di Bergoglio: si aprono più spazi per la diplomazia tradizionale. Il Santo Padre al Gemelli continua a migliorare, ma i medici temporeggiano sulla data delle dimissionI

Dodici anni di papa Francesco: “Il bergoglismo gli sopravviverà”. Lo storico: ora tocca al Vaticano

Città del Vaticano, 20 marzo 2025 – A dodici anni dalla messa d’apertura del papato di Francesco, ricoverato al Gemelli dal 14 febbraio in condizioni definite dalla Santa Sede “in miglioramento” – sospesa la ventilazione meccanica e ridotto il ricorso all’ossigenoterapia ad alti flussi, anche se i medici non azzardano ancora una data per le dimissioni –, l’unica certezza di questi tempi è che comunque “il bergoglismo sopravviverà a Bergoglio”. A sostenerlo è lo storico Massimo Faggioli, docente nel Dipartimento di Teologia e Scienze religiose della Villanova University (Philadelphia), per il quale il Pontefice “sta interpretando a suo modo l’urgenza del cattolicesimo universale, dall’Africa all’Asia, a favore di una Chiesa meno eurocentrica, povera e dei poveri, in opposizione alle diseguaglianze sociali”. Il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha smentito le voci su un suo dialogo con Bergoglio circa la rinuncia di quest’ultimo al ministero petrino. E c’è da credergli, a detta di Faggioli, in quanto “la rinuncia è qualcosa che spetta solo al potenziale rinunciante”.

Uno striscione dedicato a Papa Francesco
Uno striscione dedicato a Papa Francesco

Come vede i cardinali in questa fase delicata per la Chiesa?

“Più composti di quanto potevo immaginare”.

Anche Timothy Dolan, arcivescovo di New York, secondo cui Francesco è “vicino alla morte”?

“Il cardinale si è corretto. Alla Chiesa Usa fanno bene questi esercizi di diplomazia”.

Con la ripresa del conflitto a Gaza e l’incapacità di addivenire ad una tregua totale sul quadrante ucraino, quanto pesa l’assenza fisica del Papa?

“Credo che in questa fase ci sia bisogno della voce, della mediazione e della presenza della diplomazia vaticana e, in primo luogo, della Segreteria di Stato, piuttosto che del Pontefice. Bergoglio manca sul fronte interno, per il Giubileo e il processo sinodale. Sullo scacchiere internazionale, invece, la sua malattia può essere un’occasione per i canali tradizionali vaticani, storicamente più efficaci, per provare a raffreddare contesti caldi”.

Bergoglio è troppo filoputiniano e anti-Israele?

“In questi anni ci sono state critiche per certe sue espressioni estemporanee che, come tali, hanno avuto un minor grado di ponderazione rispetto al linguaggio votato alla prudenza e all’equilibrio della diplomazia d’Oltretevere”.

Che contributo può dare la Santa Sede alla risoluzione dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente?

“Inutile farsi troppe illusioni, la sua azione è solo umanitaria. Può agevolare lo scambio di prigionieri fra Kiev e Mosca così come il ritorno a casa dei bambini ucraini. Su questi punti ci sono già stati dei risultati. Per il resto, chi dà le carte oggi sono gli Usa, la Russia, la Cina, non più la Chiesa”.

La politica estera di Francesco è in continuità con le linee di fondo della diplomazia vaticana?

“In sostanza non c’è stata alcuna rivoluzione. L’accordo con la Cina del 2018 è stato siglato dopo decenni di negoziati, in Terra Santa la soluzione resta quella dei due popoli e due Stati e infine il Vaticano non è mai stato la quinta colonna del capitalismo”.

Con Giovanni Paolo II, ai tempi di Ronald Reagan, c’è andato molto vicino, però…

“Vero, erano gli anni della Guerra fredda. Sono poi i trumpiani a veicolare un’immagine squisitamente repubblicana di Wojtyla”.

Gli stessi che accusano Bergoglio di comunismo?

“Queste sortite sono maturate in Europa e in Occidente, complici un certo provincialismo ed eurocentrismo. La verità è che il Papa è in linea col sentire sociale della Chiesa universale”.