Nonostante tutta la tensione accumulata e la fatica di queste settimane di campagna elettorale, Roberto Salis ha una luce nuova in viso. La notizia della concessione alla figlia Ilaria dei domiciliari a Budapest appare come un primo significativo passo fuori dall’incubo che la 39enne attivista monzese, candidata con Alleanza Verdi-Sinistra alle prossime Europee, sta vivendo da 15 mesi in Ungheria, costretta finora a un duro regime di detenzione. Impegnato ieri in un volantinaggio di Avs davanti all’ospedale San Gerardo di Monza, papà Salis è diviso tra la gioia per il traguardo appena raggiunto e una rinnovata determinazione per il futuro.
È felice del risultato appena ottenuto?
"Sono molto contento. E anche Ilaria è entusiasta. È stata fatta giustizia: non c’erano i presupposti per dover stare ancora in carcere in custodia cautelare. C’erano invece le condizioni idonee per ottenere i domiciliari, ora riconosciute dal tribunale di seconda istanza ungherese".
Un esito inaspettato?
"Sicuramente inaspettato. Dalla negazione dei domiciliari del 28 marzo a oggi l’elemento che è cambiato è che ora Ilaria è candidata alle elezioni europee. Credo che sia questo il fattore che ha fatto la differenza".
Perché? C’è una spiegazione politica dietro la scelta del tribunale ungherese?
"Ritengo che sarebbe imbarazzante per il premier ungherese Orbán assumere dall’1 luglio la presidenza dell’Unione Europea avendo un’europarlamentare in carcere. Mi pare plausibile che questa scelta sia derivata dal voler evitare questo imbarazzo".
Ritiene quindi che la diplomazia italiana e il governo non abbiano avuto meriti?
"Se mi spiegano cos’hanno fatto sono pronto a ringraziare. La decisione di fare ricorso è stata unicamente della famiglia. Noi non abbiamo visto nessuna attività concreta da parte dei ministeri di Esteri e Giustizia per risolvere il problema di mia figlia. Per ora non ho ricevuto chiamate da membri del governo. Tra i leader politici, oltre a quelli di Avs, a chiamarmi c’è stata Elly Schlein, esprimendomi le sue felicitazioni".
Che cosa pensa dell’indicazione del ministero dell’Interno di iscrivere sua figlia al registro dei residenti all’estero e fissare la sua residenza in Ungheria per poter votare?
"Richiesta totalmente fuori luogo, se facesse questo per quale motivo un giudice potrebbe eventualmente concederle i domiciliari in Italia, visto che sarebbe residente a Budapest? Bisogna considerare il problema nel suo complesso, e non trovare la scorciatoia. Occorre trovare un sistema che consenta l’espressione di diritti fondamentali come il voto a persone, come Ilaria, che si trovano costrette contro la loro volontà in un domicilio diverso".
Quando Ilaria effettivamente si potrà trasferire dal carcere al nuovo domicilio?
"Stiamo aspettando che venga ufficialmente ricevuto il bonifico dal tribunale ungherese, che corrisponde al pagamento della cauzione di 40mila euro necessari per farla uscire. In genere per un bonifico internazionale ci vogliono 2/3 giorni. Confidiamo possa arrivare martedì. Non lunedì: in Ungheria è giorno di festa per la Pentecoste".
Ottenuti i domiciliari, sua figlia finalmente potrà attivarsi anche per la campagna elettorale.
"Senz’altro. Grazie ai domiciliari potrà fare tutto da casa, e ricevere anche visite. Tuttavia, considerando i 15 mesi che ha appena passato, prima occorre che faccia delle prove psicofisiche. È molto provata, ed è necessario un check-up del suo stato di salute. La campagna elettorale è provante, io che in queste settimane la sto facendo in sua vece me ne sto rendendo conto, anche se, conoscendo il suo temperamento coriaceo, penso che si butterà subito a capofitto su ciò che deve fare. Sono convinto che presto la vedremo in collegamento web in Italia".
Qualora fosse eletta che ne sarebbe del processo in Ungheria?
"Da europarlamentare il processo si sospenderebbe. Il nostro obiettivo sarebbe, dopo il mandato, di trasferire il processo democraticamente in Italia".