L’Aquila, 3 settembre 2023 – "Ho sbagliato, l'ho capito subito dopo aver esploso il colpo”. Andrea Leombruni, il 56enne che ha sparato e ucciso l’orsa Amarena a San Benedetto dei Marsi, non ha pace. “Sono tre giorni che non dormo e non mangio, non vivo più”. Dopo le telefonate di morte ricevute ha presentato denuncia per minacce. "Ti uccidiamo", "Farai la stessa fine dell’orsa", "Anche la tua famiglia è in pericolo", sono alcuni dei messaggi anonimi che gli sono arrivati. “Hanno perfino chiamato mia madre 85 enne – spiega – tutta la mia famiglia è sotto una gogna”. Anche sui social c’è chi grida vendetta. Vicino a casa sua è comparso un disegno sul muro. Un teschio con busto che imbraccia un fucile da caccia. E’ stato subito cancellato. E così c’è sempre qualcuno della famiglia che fa da sentinella sul balcone dell’abitazione, comunque piantonata dai carabinieri.
Leombruni mostra il punto dove ha esploso il colpo, nel pollaio di sua proprietà, là dove ora ci sono le trappole con esche per acchiappare i due cuccioli orfani, piazzate dal Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, di cui Amarena era diventata simbolo. “È successo qui in uno spazio piccolissimo io mi ero appostato per vedere chi fosse, mi sono trovato all'improvviso quest'orso ed ho fatto fuoco per terra, non ho mirato, il fucile aveva un solo colpo”. Non voleva uccidere il plantigrado, giura, avrebbe agito istintivamente, per paura. “I carabinieri li ho chiamati io. Ora viviamo un martirio”. “Ci devi passare per capire quello che sto provando”, racconta ancora. Anche la moglie si sfoga: “Non è giusta questa violenza che ci stanno facendo, c'è la Procura che indaga, sono loro i titolati a farlo, a giudicare, noi sicuramente saremo puniti e ripeto giustamente, ma perché dobbiamo vivere sotto scorta? Perché dobbiamo aver paura di vivere?”.