Martedì 16 Luglio 2024
RICCARDO IANNELLO
Cronaca

Omicidio di Sarah Scazzi, zio Miché esce dal carcere. "Mi sentivo più libero in cella"

La quindicenne fu uccisa nel 2010. Misseri ha scontato la pena per soppressione di cadavere. "Sono l’unico responsabile, dovrei rimanere dentro". Per ora non torna nella villetta dell’orrore

Michele Misseri, lo zio di Sarah Scazzi, è tornato libero

Michele Misseri, lo zio di Sarah Scazzi, è tornato libero

Avetrana (Taranto), 11 febbraio 2024 – Si autoaccusa dell’omicidio della nipote quindicenne Sarah Scazzi, ma da oggi libero dopo aver scontato una condanna a otto anni (di cui più di uno condonato) per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove. Michele Misseri è uscito alle 7.17 dal carcere di Borgo San Nicola a Lecce, ma per ora non è tornato nella villetta di Avetrana dove fu compiuto il delitto per il quale stanno scontando l’ergastolo a Taranto la moglie, Cosima Serrano, e la figlia, Sabrina. Fino all’ultimo ha continuato a dire di essere l’unico responsabile e che la sua scarcerazione è un’ingiustizia.

Lo sguardo fisso nel vuoto, i baffetti disegnati con cura, zio Michele era a bordo di una Panda seduto sul sedile del passeggero. Quando il cancello elettronico si è aperto, l’auto ha dovuto fendere la folla di giornalisti e curiosi che la stava attendendo. Per loro zio Michele non ha avuto neppure un gesto, come sono rimasi delusi quelli che lo aspettavano davanti alla casa nel cui garage si è compiuto il delitto; il Comune ha transennato la strada per evitare a distanza di tredici anni il macabro turismo del dolore che si era verificato dopo la tragedia.

Misseri ha affidato un messaggio all’avvocato di fiducia, Luca La Tanza: "Mi sentivo più libero dentro, fuori mi sento invece incarcerato". Il legale ha spiegato che l’uomo, che compirà 70 anni il 22 marzo, "fisicamente sta bene, ma è molto provato a livello psicologico. Per il resto dovrà riprendere una vita tra virgolette normale. Mi ha palesato la volontà per un po’ di giorni di non parlare con nessuno e neppure a me ha detto dove si trova; escludo che neppure domani si rechi in via Deledda".

Sarah Scazzi sparì il 20 agosto 2010. Si pensava a una fuga d’amore o a un rapimento e gli stessi inquirenti cercavano i possibili responsabili nel nucleo familiare. Fu proprio zio Michele a fare ritrovare il corpo dell’adolescente parzialmente bruciato, il 6 ottobre, in un pozzo .

Ha confessato lo strangolamento della nipote in un drammatico interrogatorio notturno, ma poi in un altro confronto ha accusato moglie e figlia adducendo come movente la gelosia di questa verso la cugina a causa di un ragazzo. Ma nel processo in tribunale è tornato ad autoaccusarsi. Il difensore di Sabina, Franco Coppi, dice: "Quando interrogai Misseri ponendogli la cruda domanda se fosse stato lui a uccidere Sarah, la sua risposta positiva era chiaramente quella dell’assassino".

Ma i giudici non gli hanno creduto e la sentenza all’ergastolo per moglie e figlia è diventata definitiva. Anche in una lunga dichiarazione alla Stampa, zio Michele ha ripetuto la versione autoaccusatoria: "Ho scritto varie lettere a Cosima e a Sabrina per chiedere loro scusa, ma non mi hanno mai risposto: sono recluse al posto mio".

Alla confessione non crede neppure l’amico d’infanzia Vincenzo Romano, che ieri è passato in via Deledda: "Michele è sempre stato molto buono. Per me non è stato lui, quello che dice non è vero. Sono contento che ritorni in libertà. Gli ho scritto quasi ogni mese, mi ha raccontato la sua vita in cella, che cucinava per gli altri detenuti, che ha studiato falegnameria e ha preso la terza media. Mi chiedeva dei suoi terreni, ma mai una parola su moglie e figlia. Diceva che stava male in carcere, ma ora potrà tornare a lavorare nei campi a cui continua a tenere molto".

Vincenzo è il padre dell’autista della Panda, ma non vuole svelare dove il figlio l’abbia condotto. Quel che è certo è che in via Deledda 22 la cognata di Michele nei giorni scorsi ha portato della biancheria pulita e dei vestiti, e che l’energia elettrica è stata riattaccata. "Lo aspettiamo per una partita a carte", dicono dei concittadini, ma altri con fermezza spiegano: "Per noi quella famiglia è morta".