Avetrana (Taranto), 11 febbraio 2024 – Si autoaccusa dell’omicidio della nipote quindicenne Sarah Scazzi, ma da oggi libero dopo aver scontato una condanna a otto anni (di cui più di uno condonato) per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove. Michele Misseri è uscito alle 7.17 dal carcere di Borgo San Nicola a Lecce, ma per ora non è tornato nella villetta di Avetrana dove fu compiuto il delitto per il quale stanno scontando l’ergastolo a Taranto la moglie, Cosima Serrano, e la figlia, Sabrina. Fino all’ultimo ha continuato a dire di essere l’unico responsabile e che la sua scarcerazione è un’ingiustizia.
Lo sguardo fisso nel vuoto, i baffetti disegnati con cura, zio Michele era a bordo di una Panda seduto sul sedile del passeggero. Quando il cancello elettronico si è aperto, l’auto ha dovuto fendere la folla di giornalisti e curiosi che la stava attendendo. Per loro zio Michele non ha avuto neppure un gesto, come sono rimasi delusi quelli che lo aspettavano davanti alla casa nel cui garage si è compiuto il delitto; il Comune ha transennato la strada per evitare a distanza di tredici anni il macabro turismo del dolore che si era verificato dopo la tragedia.
Misseri ha affidato un messaggio all’avvocato di fiducia, Luca La Tanza: "Mi sentivo più libero dentro, fuori mi sento invece incarcerato". Il legale ha spiegato che l’uomo, che compirà 70 anni il 22 marzo, "fisicamente sta bene, ma è molto provato a livello psicologico. Per il resto dovrà riprendere una vita tra virgolette normale. Mi ha palesato la volontà per un po’ di giorni di non parlare con nessuno e neppure a me ha detto dove si trova; escludo che neppure domani si rechi in via Deledda".
Sarah Scazzi sparì il 20 agosto 2010. Si pensava a una fuga d’amore o a un rapimento e gli stessi inquirenti cercavano i possibili responsabili nel nucleo familiare. Fu proprio zio Michele a fare ritrovare il corpo dell’adolescente parzialmente bruciato, il 6 ottobre, in un pozzo .
Ha confessato lo strangolamento della nipote in un drammatico interrogatorio notturno, ma poi in un altro confronto ha accusato moglie e figlia adducendo come movente la gelosia di questa verso la cugina a causa di un ragazzo. Ma nel processo in tribunale è tornato ad autoaccusarsi. Il difensore di Sabina, Franco Coppi, dice: "Quando interrogai Misseri ponendogli la cruda domanda se fosse stato lui a uccidere Sarah, la sua risposta positiva era chiaramente quella dell’assassino".
Ma i giudici non gli hanno creduto e la sentenza all’ergastolo per moglie e figlia è diventata definitiva. Anche in una lunga dichiarazione alla Stampa, zio Michele ha ripetuto la versione autoaccusatoria: "Ho scritto varie lettere a Cosima e a Sabrina per chiedere loro scusa, ma non mi hanno mai risposto: sono recluse al posto mio".
Alla confessione non crede neppure l’amico d’infanzia Vincenzo Romano, che ieri è passato in via Deledda: "Michele è sempre stato molto buono. Per me non è stato lui, quello che dice non è vero. Sono contento che ritorni in libertà. Gli ho scritto quasi ogni mese, mi ha raccontato la sua vita in cella, che cucinava per gli altri detenuti, che ha studiato falegnameria e ha preso la terza media. Mi chiedeva dei suoi terreni, ma mai una parola su moglie e figlia. Diceva che stava male in carcere, ma ora potrà tornare a lavorare nei campi a cui continua a tenere molto".
Vincenzo è il padre dell’autista della Panda, ma non vuole svelare dove il figlio l’abbia condotto. Quel che è certo è che in via Deledda 22 la cognata di Michele nei giorni scorsi ha portato della biancheria pulita e dei vestiti, e che l’energia elettrica è stata riattaccata. "Lo aspettiamo per una partita a carte", dicono dei concittadini, ma altri con fermezza spiegano: "Per noi quella famiglia è morta".