Genova, 7 novembre 2024 – I due imputati accusati dell’omicidio di Mahmoud Abdallah, 19enne egiziano trovato senza testa e senza mani a largo di Santa Margherita Ligure la scorsa estate, sono stati condannati all’ergastolo.
Kamel Abdelwahab, detto Tito e Abdelwahab Ahmed Gamal Kame, detto Bob sono stati giudicati dalla Corte d’assise di Genova, che ha accolto le richieste della pm. I due sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio aggravato da premeditazione e motivi abietti e dovranno scontare l’ergastolo con isolamento diurno.
Tito era stato il primo a confessare, durante le indagini, ammettendo che i due aveva agito perché il giovane – che lavorava per loro nella barberia di Sestri Ponente – li voleva denunciare per lo sfruttamento lavorativo a cui era sottoposto e per i mancati pagamenti. I due imputati hanno cercato, durante le sedute in aula, di scaricare la colpa l’uno sull’altro.
L’avvocata di parte civile Silvana Bianchi ha detto che i giudici hanno confermato “i sospetti del fratello di Mahmoud”. La difesa ha già annunciato il ricorso in appello.
Fatto a pezzi e messo in valigia
Mahmoud Abdallah era un barbiere egiziano 19enne che lavorava in una barberia di Sestri, gestita da Tito e Bob e di proprietà del fratello di quest’ultimo. Il giovane è stato ucciso con alcune coltellate – una ha raggiunto il cuore – nell’estate del 2023 a Sestri Ponente, nell’appartamento che condivideva con i suoi assassini. Il suo corpo è stato infilato in una valigia, portato a Chiavari e, una volta sezionato, abbandonato nel torrente Entella. Il cadavere è stato ritrovato nel mare a largo di Santa Margherita Ligure, ma la testa non è mai stata recuperata.
Secondo la versione ricostruita dalla pm Daniela Pischetola, a cui la corte ha dato oggi credito, Tito e Bob hanno agito insieme, con premeditazione. I due complici avrebbero mentito per tutta la durata delle indagini e del processo, cercando di far cadere la responsabilità del delitto l’uno sull’altro.
I gestori della barberia avrebbero deciso di uccidere il loro dipendente perché Mahmoud minacciava di denunciare i due per le pessime condizioni di lavoro a cui era sottoposto se non gli avessero pagato gli stipendi arretrati. Secondo le indagini, lo stipendio del ragazzo ammontava a 500 euro al mese, anche se in aula Tito ha dichiarato che Mahmoud ne prendeva 1500. Inoltre, il giovane voleva andare a lavorare nel negozio di un concorrente a Pegli.