Giovedì 5 Settembre 2024

Omicidio Bellocco: gli amici del “Berro” e il rischio di inquinamento delle prove

Nel decreto di fermo di Andrea Beretta i pm riferiscono di movimenti sospetti attorno alla scena dal delitto. L’ipotesi del dissidio sulla spartizione degli incassi del negozio di Pioltello che vende materiale ultrà dell’Inter

Milano, 5 settembre 2024 – È stato dimesso dall’ospedale San Raffaele, dopo l’intervento chirurgico di mercoledì sera, e trasportato al carcere di Opera il capo ultrà interista Andrea Beretta, rimasto leggermente ferito al fianco da un colpo di pistola a Cernusco sul Naviglio nello scontro con il “rivale” Antonio Bellocco, il 36enne ucciso con una coltellata alla gola.   

Il negozio "Milano Siamo Noi" di Pioltello gestito da Andrea Beretta
Il negozio "Milano Siamo Noi" di Pioltello gestito da Andrea Beretta

Pericolo di fuga

Nel decreto di fermo – domani sarà richiesta la convalida –  firmato dai pm Paolo Storari e Sara Ombra nei confronti del 49enne si legge che “i numerosi contatti che Beretta vanta con esponenti del tifo organizzato, contatti che potrebbero garantirgli una sicura e duratura latitanza, il ruolo apicale ricoperto dall'indagato in vari contesti delinquenziali come attestato dalle condanne per stupefacenti, sono tutti elementi che corroborano un serio pericolo di fuga" Non solo, gli investigatori temono anche che "interazioni di terze persone potrebbero aver agevolato Beretta nel tentativo di eludere le indagini alterando o modificando la scena" del crimine. In altre parole, c’è il rischio di un inquinamento delle prove.

La palestra di via Besozzi a Cernusco sul Navigio davanti alla quale è avvenuto l'omicidio
La palestra di via Besozzi a Cernusco sul Navigio davanti alla quale è avvenuto l'omicidio

Le armi

Il quadro probatorio, in assenza al momento di immagini e testimonianze utili alle indagini, prenderà le mosse dalle due armi sequestrate: il coltello a serramanico con cui Beretta ha colpito “sette-otto volte” Bellocco e la pistola Beretta 98 da cui è partito il colpo che ha ferito alla coscia e al fianco il capò ultrà.  La rivoltella risulta di proprietà del 49enne, priva di matricola, in quanto cancellata, senza caricatore e senza colpo in canna. Un solo bossolo è stato ritrovato nell'abitacolo dell'auto.

La ricostruzione: due ipotesi

Gli investigatori devono ricostruire la dinamica dei fatti: Beretta che ha riferito al suo avvocato di avere accoltellato Bellocco, uccidendolo, per legittima difesa, dopo che il 36enne, “compagno” di curva ma soprattutto nome di spicco di un clan ndranghetista, lo avrebbe disarmato della pistola per poi sparargli. C’è però un’altra ipotesi investigativa: Beretta potrebbe essersi sparato da solo, sapendo di ferirsi leggermente, dopo aver accoltellato a morte l’ex amico, per costruirsi un alibi.  

Il timore di un agguato

Il legale di Andrea Beretta, Mirko Perlino, ha riassunto la versione del suo assistito, intervenendo ieri sera ai microfoni di 7Gold durante il programma DirettaStadio: “Beretta da qualche giorno girava armato perché era venuto a sapere che persone vicine ad Antonio Bellocco volevano tendergli un agguato, temeva delle ritorsioni ed è per questo che girava armato. Mentre lui era in palestra – la scuola di pugilato di via Besozzi a Cernusco dove si allenano diversi ultrà dell’Inter e nelle cui adiacenze è avvenuto l’omicidio – ha ricevuto la visita di Bellocco che gli ha intimato di andare in macchina a parlare. Lui è uscito tranquillamente ma sempre armato perché era consapevole che ci fossero brutte intenzioni, appena entrati in macchina volano parole grosse e ad un certo punto Beretta e la sua famiglia vengono minacciati”

La minaccia esplicita e le reazione

“T’ammazzo te e i tuoi figli”. La minaccia che Bellocco avrebbe rivolto a Beretta che, a quel punto, mostra l’arma per intimidirlo prima di essere disarmato dal 36enne che e comincia a sparargli addosso. Questo stando al racconto del “Berro” che, a quel punto, estrae il coltello dalla tasca e colpisce più volte Bellocco al collo e all’addome.

Il caricatore inceppato

“La mia fortuna è stata quando dopo il primo colpo si è sfilato il caricatore – ha riferito Beretta all’avvocato Perlino – in quel momento io non l’ho realizzato perché vedevo che continuava a premere il grilletto ma in effetti ho sentito solo un colpo. Ero ad un metro da lui, in quel momento per difendermi l’ho colpito più volte, mi sono buttato contro il suo corpo e l’ho trafitto più volte con 7/8/10 coltellate”.

I presunti motivi del dissidio

Antonio Bellocco, erede dell'omonimo clan della 'ndrangheta e da qualche mese nel direttivo della curva nord interista, avrebbe "preteso la divisione degli utili del negozio" di via Mantegna a Pioltello, “Milano siamo noi” questo il nome dello store che "vende materiale della curva dell'Inter", gestito da Andrea Beretta. Così quest^ultimo avrebbe spiegato il motivo del contrasto tra i due. In sostanza, Bellocco avrebbe preteso una divisione degli utili, arrivando a minacciare il titolare e i suoi famigliari,. Questa, dunque, la versione messa a verbale da Beretta, ma gli inquirenti stanno indagando non solo sui rapporti tra i due ma più in generale sui business illeciti tra il mondo delle curve e la criminalità organizzata che vanno bene al di là dei gadgets da stadio.