Si va a fare i bagni e a prendere il sole a Odessa, mentre la guerra continua da un anno e mezzo, al fronte – poche decine di chilometri verso oriente – si muore ogni giorno, e i droni russi colpiscono la città (circa 900mila abitanti), il più grande porto sul Mar Nero.
Tre settimane fa, i missili hanno distrutto la cattedrale ortodossa nel centro storico. Ma da sabato scorso, il governatore Oleh Kiper, ha autorizzato i cittadini ad andare in spiaggia, un tratto tra due moli, protetto al largo da una rete metallica, dalle otto alle venti. E si deve lasciare a riva appena suona l’allarme. Sembra un ordine superfluo, ma in guerra ci si abitua al rischio, all’orrore. Già, senza autorizzazione ufficiale, qualcuno era andato in spiaggia.
Le foto di famiglie sotto l´ombrellone, anziani, donne, bambini, pochi giovani, possono sorprendere, come è possibile? Anche in Ucraina si sono avute proteste sdegnate, ma gli psicologici e la Chiesa cercano di togliere il complesso di colpa: l´animo umano ha bisogno di una pausa, di poche ore per riprendere le forze, altrimenti si cede alla paura per i mariti, i padri e i figli che combattono. E si dimentica che la prossima notte un drone possa colpire la nostra casa. In inverno, gli ucraini andavano a sciare sui Carpazi, per un week end. Nonostante le restrizioni e i razionamenti, oltre metà degli hotel e delle pensioni era aperta. Per la seconda estate, bambini ucraini vengono ospitati in Italia, da famiglie, o da centri di accoglienza per trascorrere qualche settimana al mare.
La storia si ripete. Il primo giugno del 1940, mentre la Francia si arrendeva ai nazisti, sei navi da guerra lasciarono la Libia con a bordo 13mila bambini, da 4 a 12 anni, figli dei nostri coloni. Avrebbero passato un mese sull’Adriatico, in colonie estive a Cesenatico, Cattolica e Igea Marina. Un episodio dimenticato, a cui è stato dedicato un film nel 2010, "Vacanze di guerra", diretto dal regista Alessandro Rossetto. I bambini non torneranno mai alle loro case a Tripoli o Bengasi. Il 10 giugno l’Italia entrò in guerra. Le navi non erano più sicure nel Mediterraneo. I piccoli rimasero in Italia fino al 1945, dispersi per tutto il paese, tra collegi e orfanatrofi. Di centinaia si persero le tracce, e dopo la guerra i genitori li trovarono, alcuni ormai adolescenti, dopo mesi di ricerche.
Si è sempre continuato a andare in vacanza durante le guerre. Mia madre mi raccontava che andava al mare vicino a Palermo, nonostante i cartelli che avvertivano "Spiaggia minata". Avrebbero dovuto fermare il nemico nel caso di una sbarco. Ma lei sapeva che le mine non c’erano. I soldati tedeschi dall’ottobre del 1942, godevano dell’Heimaturlaub, la vacanza a casa, tre settimane ogni anno. L’esercito organizzava il viaggio, andata e ritorno, e i militari erano tacitamente autorizzati a portare alle famiglie in regalo quel che volevano dai paesi occupati, formaggi e salsicce dalla Francia, fiaschi di Chianti e di formaggio dall’Italia. Serviva a tenere alto il morale dei civili, che potevano continuare a essere convinti della vittoria finale.
Gli americani di stanza in Gran Bretagna avevano diritto a una settimana di vacanza ogni tre mesi, e andavano al mare a Brighton sulla Manica. Dall’altra parte, le spiagge della Normandia dove sarebbe avvenuto lo sbarco. Agli americani era sconsigliato di andare a Londra, per evitare le V2 naziste. Qualcuno osava per amore.