"Ma quale Natale! Anche se con questo ultimo provvedimento la pasticceria pare meno colpita, non dobbiamo scordare che abbiamo completamente perduto il tempo della Pasqua che, insieme al Natale, incidono per una percentuale molto elevata del fatturato annuale".
Bollettino Covid del 26 ottobre, dati di oggi e tabella
Conte: "Sacrifici per salvare il Natale"
Non usa gira di parole Iginio Massari, il più celebre pasticciere al mondo. Nella sua azienda che conta 120 dipendenti, sapientemente gestita insieme ai figli Debora e Nicola, entrambi nel Cda, racconta il patron, "siamo riusciti a tener duro, ad oggi solo nelle sedi di Milano e Torino alcuni dipendenti hanno fatto qualche ora di cassa integrazione". Debora, la figlia, tecnologa alimentare, va giù ancora più pesante, e fa notare come "il rispetto così attento e scrupoloso delle regole fondamentali di distanziamento, di igiene ed il mancato assembramento avrebbero giustificato il mantenimento pieno degli orari di apertura e di accesso della clientela".
La rabbia delle categorie: "Governo impreparato"
Iginio Massari che cosa non la convince?
"Si potevano fare cose tempestive, per tempo. Si poteva puntare sul tracciamento, migliorare i trasporti, potevano fare altro piuttosto che vessare la categoria. E soprattutto la politica poteva cercare di non perdere di vista le persone. Predicare dall’alto come fanno i politici è facile ma se le famiglie non hanno i soldi non possono spendere e di conseguenza i consumi restano al palo".
Ci sono chef stellati, come Max Mascia di Imola,sul piede di guerra per la chiusura alle 18 prevista nel Dcpm. Penalizzati per negligenze di altri, dice.
"Li capisco. La ristorazione è stata l’ambito commerciale e imprenditoriale maggiormente penalizzato e, a differenza di altri settori non incide e non impatta sul trasporto pubblico ma esclusivamente su quello privato. Dal punto di vista dell’igiene è già particolarmente attenzionato rispetto ad altri settori commerciali meno penalizzati. Non possiamo scordare poi che la ristorazione fa da volano a una filiera essenziale per la nostra economia e per l’intero sistema paese. Tutto il food italiano fa 80 milioni di fatturato all’anno contro i 50 del metalmeccanico".
Ha fiducia nel futuro?
"La chiami come vuole, fiducia o pazzia, quella che mi fa andare avanti all’età di 78 anni. Altrimenti non aprirei, come stiamo per fare, un altro punto vendita a Verona, nella centralissima Piazza delle Erbe, oltre a quelli che abbiamo a MIlano, Torino e Brescia. Ma penso ai nipoti, ai figli, a tutta la gente che vuole andare avanti con onestà e rigore. Ecco, forse se il potere venisse gestito con più intelligenza il futuro potrebbe essere più roseo per tutti".
Che cosa si aspetta dal Governo?
"Un robusto intervento econocmico di sostegno. Nella speranza che non siano risibili quanto i precedenti. Il comparto della ristorazione ha bisogno di liquidità a fondo perduto".
Di cosa ha timore?
"Che arrivino altre ordinanze restrittive a livello regionale, anche forse proprio nell’ottica di salvare il Natale. E che la gente decida di chiudersi in casa, così è la fine".
Un appello?
"Alla politica, in primis: che si assuma le proprie responsabilità e non si limiti solo a far leva sul senso di responsabilità dei cittadini e delle imprese i cui animi sono già stati violentemente mortificati. I provvedimenti odierni infatti sono in colpevole ritardo".
Il bollettino Covid del 25 ottobre