Città del Vaticano, 9 luglio 2023 – Di per sé "nessuna dottrina religiosa ha mai cambiato il mondo", è la sola "esperienza del Cristo vivente che salva ed ama". Spicca il nome dell'argentino Victor Fernández, autore di questo assunto dal sapore dirompente in bocca ad un neo prefetto dell'ex Sant'Uffizio come lui, nell'elenco dei 21 nuovi cardinali annunciati dal Papa all'Angelus di ieri. Trascorsi neanche dieci giorni dalla promozione dell'ex arcivescovo di La Plata al vertice del Dicastero per la promozione della fede, col mandato innovativo di custodire il magistero non tanto in un'ottica difensiva quanto piuttosto di promozione e dialogo con la scienza e la società postmoderne, Bergoglio concede la porpora al teologo progressista. Traghettandolo di fatto tra i protagonisti assoluti del conclave che eleggerà il prossimo Papa, in barba alle invettive al vetriolo, anche scadute sul piano personale, lanciate dai tradizionalisti all'indirizzo di Fernández, tra i più stretti collaboratori di Francesco sin dai tempi di 'Amoris laetitia' e della prudente apertura sulla comunione ai divorziati risposati.
Nello specifico riceveranno la berretta rossa il 30 settembre, in occasione del nono concistoro bergogliano, 18 nuovi elettori, in quanto under 80, e 3 presuli che per ragioni di età resteranno fuori dalla Cappella Sistina. Anche stavolta Francesco sceglie figure provenienti da ogni parte del pianeta – dal Sud America all'Africa, in grande spolvero stavolta –, confermando il criterio internazionalista col quale sta ridisegnando un Conclave in passato fortemente eurocentrico. A pagare dazio sono Paesi come la Germania o l'Irlanda che da quattro anni non ha un suo cardinale elettore, a riprova del 'purgatorio' che sta attraversando una delle culle simbolo del cattolicesimo dopo il maxi scandalo degli abusi sui minori. Dal canto suo, invece, l'Italia è 'premiata' con tre nuove porpore: Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per i vescovi e protagonista (dietro le quinte) della missione diplomatica umanitaria della Santa Sede nel quadrante ucraino, Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme - da tempo in predicato di ottenere la porpora, mentre resta ancora al palo il suo omologo di Venezia, Francesco Moraglia, di spiritualità più conservatrice, e l'over 80, Agostino Marchetto, nunzio apostolico attento ai migranti e autore di studi sul Concilio Vaticano II indigesti ai sostenitori delle novità della storica assise episcopale.
Di seguito l'elenco dettagliato dei nuovi cardinali: Roberto Prevost, prefetto del Dicastero per i vescovi, Gugerotti, Fernández, Paul Tscherrig, nunzio apostolico, Christophe Pierre, anche lui diplomatico d'Oltretevere, Pizzaballa, Stephen Brislin, arcivescovo di Città del Capo (Sud Africa), Ángel Rossi, gesuita e arcivescovo di Córdoba (Spagna), José Rueda Aparicio, ordinario di Bogotà (Colombia), Grzegorz Rys, arcivescovo di Lodź (Polonia), Martin Mulla, ordinario di Juba (Sud Sudan), José Cobo Cano, arcivescovo di Madrid (Spagna), taglio sociale e dialogo coi giovani, Protase Rugambwa, ordinario di Tabora (Tanzania), Sebastian Francis, vescovo di Penang (Mali), Stephen Chow Sau Yan, vescovo di Hong Kong - un segnale per l'anziano emerito della metropoli asiatica ai ferri corti con Bergoglio sul turbolento accordo tra Santa Sede e Cina - François-Xavier Bustillo, vescovo di Ajaccio (Francia), Américo Aguiar, ausiliare di Lisbona, e Fernández Artime, rettore dei salesiani. A questi si aggiungono i tre non elettori: oltre a Marchetto, Diego Sánchez, vescovo emerito di Cumaná (Venezuela), e Luis Dri, confessore nel Santuario di Nostra Signora di Pompei, a Buenos Aires, che è solito chiedere scusa ogni sera a Dio per aver perdonato troppo ("Ma sei tu ad avermi dato l'esempio", ama chiosare).
Al primo ottobre, con quest'ultima infornata, i cardinali ammessi nella Cappella Sistina saliranno a 136, ben al di sopra del tetto massimo di 120 imposto da Paolo VI. Novantotto quelli creati da Bergoglio (il 72%), 29 da Benedetto XVI (21%) e 9 'wojtyliani' (7%). Questo non significa che dopo Francesco la Chiesa avrà per forza un riformista come o più di lui sul soglio petrino. Non solo perché non è vero che tutti 'i bergogliani' siano riformisti – per esempio, l'ex prefetto del Sant'Uffizio, Gerhard Mueller, figura di spicco della destra ecclesiale, ha ricevuto la berretta rossa da Bergoglio –, ma soprattutto in quanto tra di loro questi cardinali si conoscono poco o nulla ai fini di cordate e alleanze. Pertanto l'internazionalizzazione del collegio cardinalizio, se esprime il volto più autentico della Chiesa del terzo millennio, rischia di giocare un colpo basso a chi sogna il coronamento delle riforme instradate dal presente pontificato, dal ruolo delle donne alla pastorale omosessuale. Per il resto poi toccherà allo Spirito Santo fare la sua parte in Cappella Sistina.