Roma, 4 settembre 2024 – O colleghi o sposi. L’amore non può nascere e nemmeno sbocciare tra le scrivanie dello Ior, la “banca” del Papa. L’invito del Pontefice a formare nuove famiglie non vale entro le mura dell'Istituto per le Opere di Religione, dove un regolamento impone, in caso di matrimonio tra dipendenti, che uno dei due venga licenziato. Unica concessione: i neo sposi possono scegliere chi deve rinunciare al lavoro tra marito e moglie. La prassi è nota e generalmente rispettata dagli impiegati ma, come si dice, al cuor non si comanda. Così nei giorni scorsi, contemporaneamente all’entrata in vigore di un regolamento che mette tutto nero su bianco, una coppia di colleghi ha deciso di coronare il proprio sogno d’amore e convolare a nozze. La conseguenza? Uno dei due dovrà lasciare il posto. Lo Ior non transige. Ed è polemica.
"L'obiettivo è esclusivamente quello di garantire condizioni di parità di trattamento tra tutto il personale dipendente”, spiega l'istituto, che così intende tutelare in via prioritaria l'interesse pubblico, in quanto Ente Centrale della Chiesa Cattolica e persona giuridica canonica pubblica. Interesse pubblico che, sottolinea, deve prevalere rispetto agli interessi individuali dei singoli dipendenti. “Dal momento che l'Istituto riunisce poco più di cento di dipendenti in un'unica sede, senza filiali, tale norma è fondamentale per prevenire sia inevitabili conflitti d'interesse di tipo professionale tra gli aspiranti coniugi interessati, sia l'insorgere di possibili dubbi di gestione familistica tra la propria clientela o il grande pubblico”.
"La norma, introdotta di recente per disciplinare il caso di matrimonio tra dipendenti, rappresenta un chiaro esempio di iniziativa volta a colmare un vuoto legislativo", sottolinea nella nota lo Ior. L'Istituto aveva da tempo definito la regola, "ma per poterla introdurre ha scelto di attendere il pensionamento di uno dei coniugi dell'ultima coppia (di cinque) ancora in servizio durante il precedente periodo di vuoto legislativo". "Riconoscendo che il matrimonio tra dipendenti rappresenta una probabilità coerente con un ambiente di lavoro aperto a uomini e donne, l'Istituto ha scelto di favorire l'interesse di coloro che manifestassero l'intenzione di unirsi in matrimonio, inserendo nella disposizione il diritto per la coppia di scegliere liberamente chi dei due interessati intenda mantenere il proprio ruolo, e accettando quindi la possibilità che sia la risorsa con un ruolo di maggior rilievo a uscire" conclude la nota dello Ior.
Ma com’è possibile che un ente così vicino al Vaticano contraddica i dettami dello stesso Pontefice che invita le coppie a consacrare la loro unione? Se lo sono chiesto i novelli sposi, che, pur conoscendo il rigido regolamento, non hanno voluto rinunciare al loro amore. Se lo chiede anche l'Adlv, l'associazione dei dipendenti in Vaticano, che ha tentato “una mediazione con lo Ior”, ma invano. “È rimasta la fredda comunicazione che rimanda a un regolamento, che nei fatti ha effetti retroattivi, considerato che i nostri due colleghi, quando è uscito il nuovo regolamento, avevano già fissato data e luogo delle nozze” conclude l'Associazione.
Ai due novelli sposi non resta dunque che rivolgersi direttamente al Pontefice sperando che i sacramenti prevalgano sui regolamenti. Anche perché, si fa notare da più parti: una norma che non favorisce il matrimonio potrebbe essere non pienamente in linea con quanto predicato dalla Chiesa.