Sabato 27 Luglio 2024
DARIO CRIPPA
Cronaca

Nicholas Green, il papà: "Perderlo fu devastante. Ma donare i suoi organi ha aperto gli occhi al mondo"

La famiglia americana era in vacanza in Italia: l’auto fu crivellata di colpi per errore. Il piccolo morì due giorni dopo. Il gesto dei genitori fece capire l’importanza dei trapianti "Si salvano tante vite umane, noi non smetteremo mai di credere in questa battaglia"

Reginald Green e la moglie, a fianco il piccolo Nicholas

Reginald Green e la moglie, a fianco il piccolo Nicholas

Milano, 27 luglio 2024 – Quasi trent’anni fa, 29 settembre. Nicholas Green, 7 anni, americano, è in vacanza con mamma, papà e la sorellina di 4. Stanno andando in Sicilia. Mentre percorrono la Salerno-Reggio Calabria due banditi in moto scambiano la loro auto per quella di un gioielliere e la crivellano di proiettili. Uno centra il piccolo Nicholas alla testa mentre dorme sul sedile. Muore l’1 ottobre. Papà e mamma, disperati, fanno una scelta all’epoca ancora poco usuale in Italia: decidono di donare gli organi del figlio. Ne beneficiano sette persone, alcune ne avranno la vita in salvo. La notizia colpisce molto l’Italia, che sull’onda non solo emotiva dell’evento si ritrova a scalare rapidamente le posizioni in classifica per donazioni di organi. Triplicate: dal terzultimo posto in Europa al secondo. Lo chiamano effetto farfalla, anzi “Effetto Nicholas”. Milioni di persone seguiranno l’esempio della famiglia Green. In Italia oggi ci sono quasi 150 fra scuole, asili, strade, biblioteche, parchi che portano il nome di quel bambino, la cui storia finisce anche al centro di un film di Hollywood (“Il dono di Nicholas“) con Jamie Lee Curtis, mentre mamma e papà da allora promuovono, instancabilmente, la donazione di organi.

In Italia da quel giorno ci torna regolarmente e dopo l’estate ha in agenda un calendario fitto per l’anniversario più triste e insieme più importante di quella che è diventata la sua battaglia. Reginald Green, giornalista, oggi ha 92 anni. E tre figli grandi. Manca solo Nicholas. "Trent’anni. Molti ricordi si affollano nella mia mente, ma il più vivido è lo choc che provai quel giorno quando fermai l’auto, guardai Nicholas e vidi la sua lingua sporgere in fuori e una traccia di vomito sul suo mento. Quello fu il primo istante in cui mi resi conto che uno dei proiettili che ci avevano sparato lo aveva colpito. Posso ancora vedere quel terribile momento nella mia mente come se fosse accaduto ieri".

Come sceglieste di donare gli organi di Nicholas?

"Perderlo fu devastante, ma la decisione fu piuttosto semplice. Ci ha permesso di trovare qualcosa di buono in ciò che altrimenti sarebbe stato un totale disastro: cinque vite furono salvate, la vita di altre due fu risanata. Quando i medici ci dissero che Nicholas era cerebralmente morto, Maggie ed io sedemmo tenendoci per mano, provando ad assorbire il sentimento di vuoto, fino a che lei disse a bassa voce: ‘Ora che se n’è andato, non dovremmo donare i suoi organi?’ Io dissi ‘sì’ e quello fu tutto quanto c’era da dire".

Fu il ’Nicholas effect’...

"Mostrò a milioni di persone in tutto il mondo che, se dovesse accadere qualcosa di tragico a qualcuno che amano, hanno il destino di molteplici famiglie nelle loro mani. Milioni di persone si avvicinarono così alla donazione. Se questi numeri possono sembrare difficili da credere, basti ricordare che più di settanta milioni di persone hanno visto Jamie Lee Curtis interpretare il ruolo di Maggie nel film “Il Dono di Nicholas”, cinque dei quali in Italia. E questo è stato solo uno delle decine di progetti che abbiamo portato avanti negli ultimi trent’anni".

Perché donare?

"Una donazione in media salva tre o quattro vite, alcune sono di bambini. Con così tanto dolore che è possibile prevenire, perché qualcuno dovrebbe dire di no?"

In Italia molti luoghi portano il nome di Nicholas.

"Ci sono quasi 150 luoghi intitolati a lui, la maggior parte dove i bambini possono essere felici. Fra questi c’è un magnifico parco a Bologna, parchi in Lombardia, un parco giochi a Firenze, scuole e asili dalle Alpi alla Sicilia. Questo tipo di tributo a un bambino è stato completamente inaspettato. Ma mostra come il rispetto per i donatori venga dalle persone comuni".

Quante volte è tornato qui?

"Maggie e io siamo tornati in Italia più di cinquanta volte. Forse un terzo di queste volte siamo stati in Lombardia, portati lì dal lavoro di eccellenza mondiale nei trapianti dell’ospedale Niguarda di Milano".

Gli assassini di suo figlio?

"Uno è stato condannato a vent’anni e ora è libero. L’altro è stato condannato all’ergastolo, è diventato un pentito ed è ora agli arresti domiciliari".

Ha risentimento verso l’Italia?

"Nemmeno in minima parte. Non è stata l’Italia a uccidere Nicholas. La colpa è di due uomini incoscienti, a cui non importava quanto danno potessero arrecare pur di soddisfare la loro avidità. Abbiamo incontrato persone in tutta Italia che avrebbero fatto qualsiasi cosa per impedire la morte di Nicholas. Con così tanta compassione che abbiamo ricevuto, come potevamo provare altro se non amore per l’Italia?".

Si è mai chiesto chi sarebbe diventato Nicholas oggi?

"Né Maggie e tantomeno io pensiamo a lui se non come a un bambino di 7 anni che era puro di cuore. Sono sicuro che avrebbe continuato ad amare l’Italia".

Sua figlia dormiva sul sedile a fianco, oggi si è sposata.

"Eleanor si è sposata con Matthew Burgette (un ingegnere del suono) presso il monumento che abbiamo costruito in California in memoria di tutti i bambini che sono morti, e da cui pendono 140 campane donate quasi tutte da famiglie italiane. Hanno una bambina, Gwen, che ha dieci mesi. Eleanor lavora a Hollywood per la Chuck Lorre Foundation, un’organizzazione benefica fondata dal produttore televisivo della serie “The Big Bang Theory”. La Fondazione elargisce fondi per buone cause, come il Los Angeles Children’s Hospital".

Si è battuto molto perché i trapiantati potessero incontrare i famigliari dei donatori.

"Molti desiderano scriversi o incontrarsi. Questo è per ora proibito in Italia. Però, decine di migliaia di famiglie di donatori hanno comunicato con i propri riceventi negli Stati Uniti e nella stragrande maggioranza dei casi la salute e la felicità di entrambe le parti sono aumentate".

La battaglia non è finita.

"In Italia, come in quasi ogni nazione al mondo, ci sono pazienti che muoiono perché gli organi donati a disposizione sono meno del necessario. Speriamo che la nostra visita in Italia possa stimolare le donazioni quando verranno ricordati quelli che sono gli enormi effetti che una piccola morte continua a creare".