Roma, 2 marzo 2018 - Quanto sono costati al Paese dieci centimetri di neve? Tanto, tantissimo. Un prezzo enorme. E non solo in termini di credibilità. Capitale in tilt, treni fermi, scuole chiuse, città nel caos. Neanche a dire che siamo stati colti di sorpresa. Nel Centro-Nord la neve a febbraio è la regola e non l’eccezione.
A Roma e nel Sud, le previsioni meteo giravano da giorni, sia pure con qualche errore di valutazione sulle quantità. Ma non certo sufficiente per giustificare l’improvvisazione della macchina amministrativa. Soprattutto nelle grandi città. A Roma, la sindaca Virginia Raggi, ha atteso fino a domenica sera prima di chiudere oltre 3500 scuole della Capitale, facendo infuriare i presidi. Poi, però, è andata avanti a oltranza, con gli studenti rimasti a casa anche quando, probabilmente, non ce n’era bisogno, mentre il rischio big-snow sfumava. E lo stesso è avvenuto in tante città, piccole, medie o grandi, dove la macchina burocratica amministrativa ha fatto acqua da tutte le parti.
C’è chi ha chiuso le scuole e chi no. Chi le chiuderà oggi. Un balletto dovuto a due motivi semplici: scuole poco attrezzate e strade a rischio di incidenti. Nessun preside e nessun sindaco se l’è sentita di correre il rischio di denunce o ricorsi da parte di studenti o genitori. Il risultato è che per un’intera settimana il sistema scolastico del Paese ha funzionato a singhiozzo. Con tutte le conseguenze del caso. Anche dal punto di vista dei costi. Ancora peggio sono andare le cose sul fronte dei trasporti. Anche qui, la nevicata di fine febbraio ha semplicemente fatto emergere le defaillance delle nostre infrastrutture. A cominciare dalle Ferrovie. Già nel 2012 il gelo mandò in tilt gli scambi di Roma Termini bloccando i treni e spaccando in due il Paese. Sette anni dopo la storia si è ripetuta perché la società ha deciso di “riscaldare” solo uno scambio su due. Risultato: più di due treni su tre sono stati cancellati il primo giorno, mentre gli altri accumulavano ore e ore di ritardi. Certo, i fiocchi a Roma sono un evento raro (anche se ormai neanche troppo). Ma allora perché in Piemonte, dove la neve a febbraio non è decisamente un fenomeno insolito, è rimasto fermo un convoglio su tre. E lo stesso è avvenuto in Emilia o in Toscana. Insomma, il sistema non ha funzionato. A pagare il prezzo più alto, in termini di disagio, sono stati i cittadini bloccati per ore sui convogli. Ma anche l’economia ha subito un colpo durissimo, bruciando ore di lavoro e di Pil. Se i treni non hanno funzionato, sulle strade le cose sono andate addirittura peggio. Già nel 2012, gli automobilisti, si ritrovarono a passare la notte al gelo per poi chiedere il rimborso ad Anas e Autostrade. Succederà, probabilmente, lo stesso anche nei prossimi giorni? Probabilmente sì. A Napoli la circolazione è andata in tilt per ore. Mentre i mezzi pesanti, quelli che trasportano le merci nei nostri supermercati, sono rimasti fermi per giorni nei depositi in attesa che potessero di nuovo circolare sulle strade. Risultato, come denunciano i consumatori, l’aumento dei prezzi, soprattutto degli alimenti deperibili. Ma in questo caso, la neve, c’entra davvero molto poco. Per i cittadini contribuenti, oltre il disagio anche il danno al portafoglio.
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