È un forte richiamo alla necessità di misure drastiche e immediate. Non si tratta solo di reagire agli episodi singoli, ma di affrontare una crisi sistemica. Negli ultimi 17 giorni, tre giovani hanno perso la vita tra Napoli e provincia. «Siamo di fronte a due situazioni diverse e parallele», spiega il magistrato. «Da un lato abbiamo una camorra 2.0 che arma anche i minorenni, si avvale di loro, come per lo spaccio, anche per sparare, confidando in una giustizia a maglie più larghe». «Dall’altro, la mentalità camorristica si sta diffondendo tra i giovani nel senso che è un modello dal quale loro restano affascinati perché li porta a sentirsi forti, branco e ad avere il controllo del territorio».
Un esempio è la rissa tra gruppi di studenti di due licei poche nella zona di Chiaia, uno dei quartieri bene di Napoli. «Episodi che capitavano anche un tempo, ma con una violenza non grave fino a questo punto perché ora c’è un problema culturale diverso, c’è un cattivo modo di intendere l’appartenenza a un gruppo. E in questo noi dobbiamo farci sentire anche dai presidi, dagli educatori. È un problema culturale: si sta diffondendo una mentalità camorristica. Un modo camorristico di risolvere i conflitti, anche i più banali come la scarpa pestata, la fidanzata che sta con un altro».
Infine il tema delle armi. La facilità con cui i ragazzi riescono a procurarsi armi è un ulteriore segnale di quanto sia urgente un intervento. «Siamo passati dalle testate in bocca ai coltelli, alle pistole», osserva la pm. «Il tutto aggravato dall’abuso di droghe. Con pochi soldi, i giovani possono acquistare armi sui social o online e farle modificare da laboratori clandestini». Intanto resta in carcere il diciannovenne Renato Caiafa, indagato a piede libero per omicidio colposo, ma in cella per la detenzione della pistola che ha ucciso il cugino diciottenne Arcangelo Correra: ripete che pensava che non fosse un’arma vera. «Non avevo mai visto una pistola prima, stavamo giocando. Ho capito tutto solo quando ho visto il sangue sul corpo di Arcangelo. Non volevo, non volevo»