Genova, 2 dicembre 2024 - Il processo per l’omicidio di Nada Cella inizierà tra poco più di un mese, il 6 febbraio, in corte d’assise. Una svolta clamorosa, a 29 anni dal cold case di Chiavari (Genova).
“Il processo finirà come finirà. Nel nostro ordinamento esistono regole da rispettare, sono davvero garanzie per chi ha creato il codice penale. Una persona dev’essere condannata al di là di ogni ragionevole dubbio. Il mio ragionevole dubbio non esiste ma questo è irrilevante. Solo il giudice può scioglierlo, eventualmente”.
L’avvocato Sabrina Franzone assiste la famiglia di Nada Cella con la collega Laura Razetto. Confida di non avere dubbi sulla colpevolezza di Anna Lucia Cecere, che è accusata di omicidio ma si proclama innocente. Ma aggiunge questa fondamentale didascalia. A processo anche il commercialista Marco Soracco e la madre Marisa Bacchioni per favoreggiamento e false dichiarazioni.
Avvocato Franzone, sarà un processo indiziario.
"E sarà estremamente teso sotto tanti punti di vista, soprattutto per la fragilità delle persone coinvolte. Ma riteniamo molto convincente il quadro delle responsabilità di tutti”.
Per quali elementi?
"Ad esempio perché, pochi giorni dopo il delitto, carabinieri e polizia erano arrivati allo stesso nome, quello di Anna Lucia Cecere, per vie completamente diverse e indipendenti. Naturalmente, all’epoca era una pista”.
Qual è stato secondo lei l’errore madre?
"La super convinzione di pm e polizia che Soracco fosse l’autore dell’omicidio. Un reato d’impeto come questo, senza un sostanziale movente che possa essere collocato chissà dove, ad esempio nel passato delle persone, diventa difficile da perseguire”.
Si aspetta nuove testimonianze?
"Il supertestimone è Soracco, secondo noi lui sa tutto. Per questo con la madre è accusato di favoreggiamento e false dichiarazioni al pm. E il riferimento è alle indagini di allora ma anche a quelle che sono ripartite nel 2021. Dovrebbe finalmente parlare, liberarsi di quello che sa”.
Cecere si dichiara innocente.
"Dal mio punto di vista, invece, non ho dubbi. Sono convinta sia colpevole”.
I tempi della giustizia sembrano comunque… infiniti.
"Ma questo caso è molto particolare davvero. La procura e la polizia giudiziaria hanno rifatto le indagini, come se fossimo tornati al 1996. Gli strumenti di allora oggi ci sembrano anacronistici. Oggi conosciamo la tecnica del Dna, questo caso sarebbe stato risolto 5 minuti dopo. Ma quell'analisi è arrivata negli anni Duemila, allora questa cultura non c’era”.
Il giudice delle indagini preliminari aveva chiuso il caso.
"Quella sentenza aveva dato un colpo di spugna, aveva derubricato tutto a sospetti, illazioni, aveva concluso: questo processo non si deve celebrare. Invece si deve, anche per il rispetto dovuto per la famiglia, cosa che non è fine a se stessa ma è profondamente sentita dalla criminologa Antonella Delfino Pesce, dalla polizia giudiziaria, dal pm. Hanno fatto tutti uno sforzo pazzesco, ricostruendo la vicenda minuziosamente. Solo così si è riusciti a mettere insieme tutto, con la testa scevra da condizionamenti”.