Martedì 16 Luglio 2024
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

Nada Cella, la supertestimone ha un nome? Il cold case di Chiavari e le nuove indagini

Rinviata la decisione sul processo. La criminologa Antonella Delfino Pesce (che ha fatto riaprire il caso nel 2021) e l’appello sui social. “Nessuna contraddizione nella storia dei bottoni, ecco perché”

Nada Cella è stata uccisa il 6 maggio 1996

Nada Cella è stata uccisa il 6 maggio 1996

Chiavari (Genova), 19 febbraio 2024 – Delitto Nada Cella: il 1 marzo il giudice di Chiavari (Genova) deciderà se mandare a processo Annalucia Cecere per l’omicidio della segretaria 25enne massacrata nello studio del commercialista Marco Soracco, dove lavorava, il 6 maggio 1996. Il movente ipotizzato: la gelosia. La donna si proclama innocente e il suo avvocato insiste, tutto un film.

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Lo ha ribadito il 15 febbraio, quando si doveva tenere l’udienza preliminare. Ma il gup Angela Nutini ha rinviato la decisione.

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Una nuova testimone

Dopo la ri-scoperta del verbale dei bottoni – dovuta alla criminologa Antonella Delfino Pesce, che con quell’elemento è riuscita a far riaprire il cold case, nel 2021 – sono due gli elementi emersi nelle nuove indagini.  Una testimone è stata sentita a gennaio in procura dalla pm. Mentre si cerca ancora la donna che il 9 agosto 1996 telefonò a Marisa Bacchioni, la mamma del commercialista, per dirle di aver visto Cecere, la mattina del delitto, uscire dal palazzo. Una voce, ancora senza nome.

Le parole della criminologa Delfino Pesce

Delfino Pesce nei giorni scorsi aveva diffuso un appello via social per chiedere aiuto nell’identificazione della donna. Spiega: “Ci sono state tante segnalazioni, ma ancora qualcuno tentenna. Certo, non è semplice dopo 28 anni ricordare una voce”. Ed è ottimista sulla possibilità di arrivare a identificare l’autrice della telefonata? “Dipende dalle nuove testimonianze”, ragiona la criminologa.

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La battaglia sui bottoni

In aula il 15 febbraio si è tornati a parlare dei bottoni. Il difensore di Cecere ha contestato che i 5 sequestrati in casa della sua assistita siano dello stesso tipo di quello trovato sotto il cadavere di Nada. “E’ stata fatta una perizia approfondita dalla procura – osserva però Delfino Pesce -. C’era una parte in metallo, che è sopravvissuta alla colluttazione, e una cornice di plastica che invece si è spezzata. Il colore diverso? Ricordo che i bottoni nel corso del tempo si possono scolorire. E poi quello trovato sotto il corpo di Nada è rimasto a terra, almeno per due giorni, in una pozza di sangue”.

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Il delitto

Nada Cella venne uccisa il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista dove lavorava come segretaria. L’omicidio è rimasto senza colpevoli fino al colpo di scena di due anni fa, quando la criminologa Delfino Pesce è riuscita a far riaprire le indagini, in tandem con l’avvocato Sabrina Franzone. Bruno, il padre di Nada, nel 1999 è morto di crepacuore.