Genova, 20 novembre 2024 – Svolta nel ‘cold case’ di Nada Cella, la segretaria uccisa a Chiavari 28 anni fa nello studio di via Marsala, dove lavorava. I giudici della Corte di appello di Genova hanno infatti accolto il ricorso della procura contro il proscioglimento di Anna Lucia Cecere, accusata dell’omicidio, del commercialista Marco Soracco, il datore di lavoro della vittima, e della madre di lui, Marisa Bocchioni, imputati per favoreggiamento e false dichiarazioni. Saranno tutti e tre processati.
Lo scorso marzo la giudice Angela Nutini aveva prosciolto gli indagati perché aveva giudicato gli elementi raccolti dalla procura solo come “sospetti” che da soli non potevano “portare a formulare una ragionevole previsione di condanna”, come vuole la riforma Cartabia. Visto il quadro probatorio “contraddittorio e insufficiente”, il processo sarebbe stato “inutile”.
La criminologa e la prova del bottone
Le indagini erano state riaperte nel 2021 dopo 15 anni di buio, grazie al lavoro della criminologa Antonella Delfino Pesce che, rileggendo gli atti, collegò il bottone ritrovato sulla scena del delitto proprio alla Cecere, e dell’avvocata Franzone. La loro ricostruzione convinse la Procura che c’erano elementi per tornare sul caso.
Il delitto e il presunto movente
Quando Nada Cella fu uccisa era il 6 maggio del 1996. La ragazza, classe 1971, lavorava nello studio di Marco Soracco da 5 anni. Fu proprio Soracco ad avvisare i soccorsi quella mattina: disse di aver pensato a una caduta accidentale. Il corpo della segretaria era in un lago di sangue. Secondo la tesi dell’accusa, l’ex insegnante Cecere, ora 59 anni, avrebbe ucciso Cella perché voleva prendere il suo posto a lavoro e nel cuore di Soracco, il quale in passato aveva corteggiato la sua dipendente, peraltro non ricambiato. Lui e la madre avrebbero coperto il delitto. Tutti e tre si sono sempre dichiarati innocenti.
La madre di Nada: “Ho il cuore più leggero”
La mamma di Nada, Silvana Smaniotto, commenta in lacrime la notizia: "Ho il cuore più leggero, è una restituzione di verità e giustizia”. Per l’avvocata della famiglia Cella Sabrina Franzone il lavoro della procura è stato “accurato”. “Sappiamo che è un processo difficile – ammette – ma nemmeno farlo era profondamente ingiusto. Gli elementi indiziari ci sono e portano su una direzione”.
La difesa: “Nessuno è stato condannato”
"Nessuno ci ha condannato – ricorda l’avvocato di Cecere, Giovanni Roffo – e affronteremo il processo. A oggi non è cambiato nulla rispetto a quando il gip aveva deciso per il proscioglimento. Continueremo sulla linea delle incongruenze, convinti della bontà degli elementi portati davanti al gip”. “Continueremo con determinazione perché per noi Cecere non c'entra», prosegue la co-difensora Gabriella Martini.
L'avvocato Andrea Vernazza, difensore di Soracco e della madre, aveva contemplato la possibilità del processo: “Non condivido la decisione dei giudici. Si andrà davanti a una corte d'assise e lì si vedrà. Ma il reato per Soracco era prescritto”.