Chiavari (Genova), 3 febbraio 2024 - Nada Cella per lei non è un cold case clamorosamente riaperto: è la figlia amatissima che manca da 28 anni. Ed è una domanda ancora senza risposta: perché è stata uccisa?
Silvana Cella ha 81 anni, la voce al telefono con Qn.net arriva provata. E non è solo per le conseguenze dell’influenza che l’ha colpita.
Il dolore di una vita.
“Chi non lo ha provato non può capirlo. Il pensiero fisso è sempre stato quello di cercare da qualche parte, di avere qualcuno che mi aiutasse a trovare qualcosa. Non potevo restare così, senza sapere neanche un po’ di verità”.
Che cosa amava Nada?
“Era una ragazza un po’ chiusa, come si dice, introversa. Andava anche in discoteca con le sue amiche ma non era una che parlava tanto. Non amava il chiacchiericcio. Certe cose magari le venivo a sapere dalle altre. Ma lei diceva sempre, la gente si deve fare gli affari suoi”.
Nada le aveva mai fatto riferimenti a qualcosa che non andava, sul lavoro?
“Eh, era difficile. Buttava lì l’esca ma non diceva troppo... Certi discorsi li ho capiti dopo, con il senno di poi”.
Cosa ricorda dell’ultimo giorno, di quel 6 maggio 1996?
“Nada mi ha accompagnato al lavoro, quella mattina mi ero addormentata. Facevo la bidella, uscivo di casa sempre prima di lei. Quella è l’ultima volta che l’ho vista viva. Ricordo che mi sono abbassata un po’ per salutarla, le ho detto: ciao, grazie del passaggio. E lei mi ha risposto con un sorriso. Poi più niente”.
Il ricordo più bello che ha di Nada?
“Eh, tutto, tutto! Una figlia che mi ha dato molto soddisfazione. Aveva studiato perito aziendale corrispondente in lingue estere. Era una ragazza tranquilla”.
Suo marito Bruno è morto di crepacuore.
“Se n’è andato tre anni dopo l’omicidio di Nada. Era uscito in auto, per le bollette e la spesa. Lo aspettavamo a casa, non è più tornato. Lo abbiamo trovato il giorno dopo”.
Un altro grande dolore. Non sapere perché è stata uccisa sua figlia ha aggiunto sofferenza?
“Tanta, tanta, tanta”.
Clicca qui se vuoi iscriverti al canale WhatsApp di Qn
Chi l’ha aiutata?
“La mia famiglia, mia cognata e le mie nipoti che vivono qui vicino. Anche la gente che mi conosce. Sono stati tutti molto cari”.
Non è scontato che si vada a processo, il 15 febbraio.
“Io sono tranquilla”.
Andrà in tribunale? “Sicuramente, spero di stare bene”.
Ha mai incontrato Annalucia Cecere?
“Lei no, non l’ho mai vista. Il commercialista e sua madre, sì”.
Si è arrivati a riaprire il caso 27 anni dopo, grazie a un lavoro meticoloso svolto soprattutto dalla criminologa Antonella Delfino Pesce. “Non so davvero chi me l’ha mandato, quell’angelo lì. Ma devo dire che sono stati tutti meravigliosi con me, anche l’avvocato Franzone. Ho trovato una grande famiglia”.
Se il processo non si farà e resterà il dubbio per sempre?
“Almeno avrò saputo qualcosa che prima non sapevo. Da niente a qualcosa per me è tanto”.