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Mussolini passa in rassegna un drappello di volontari della Repubblica di Salò
Salò (Brescia), 10 aprile 2019 - Benito Mussolini resterà cittadino di Salò ad honorem, almeno fino a dopo le elezioni di maggio. La cittadinanza onoraria del comune affacciato sulla sponda bresciana del lago di Garda, che venne assegnata al Duce il 23 maggio 1924 dal commissario prefettizio Salvatore Punzo, per ora non sarà revocata, come è stato invece richiesto dal consigliere di minoranza Stefano Zane. La questione avrebbe dovuto essere discussa lunedì sera in consiglio comunale, ma è stata sospesa poiché ritenuta "pregiudiziale". Lo ha spiegato Gualtiero Comini, capogruppo della maggioranza consiliare: le minoranze, a suo parere, avevano "richiesto di discutere l’argomento senza spiegarne i motivi". Inoltre, chiedere in questo momento di togliere la cittadinanza onoraria al Duce avrebbe potuto "diventare motivo di discussione politica". Per tale motivo la questione è rimasta in sospeso. "È evidente a tutta la cittadinanza, come si evince anche dai numerosi articoli e dai commenti apparsi sui social, – ha spiegato Comini – che la vicenda della mozione sulla revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini abbia causato una forte diatriba tra le diverse fazioni. Questo non ci pare opportuno in un momento così vicino alle elezioni". Per le minoranze, invece, si è trattata di una mancanza di coraggio: "Speravamo in un sussulto di dignità che non c’è stato – ha sottolineato Stefano Zane – Non si è avuto il coraggio di affrontare quello che è un aspetto molto delicato per Salò. Ritengo inoltre che sia stato svilito il consiglio comunale, prima espressione democratica a nostra disposizione". Milla Prandelli
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di Francesco Perfetti
lcuni anni or sono, nella mia veste di capo del Servizio storico del ministero degli Esteri, mi recai a Mosca per fissare, con l’omologo collega russo, i termini di un accordo di collaborazione per avviare la pubblicazione di documenti diplomatici dei due Paesi. Quel che mi colpì, di quel viaggio di lavoro, fu, in modo particolare, il fatto che, dappertutto nel Paese, convivevano i segni dei regimi che si erano lì succeduti nei secoli. In una Russia ormai post-comunista, insomma, si trovavano affiancati, talora sullo stesso portale di un edificio pubblico e senza che ciò suscitasse meraviglia o scandalo, i simboli, per esempio, dello zarismo e del comunismo, l’aquila bicipite e la falce e il martello. La memoria storica era conservata senza alcun rimpianto nostalgico e senza alcuna dissacrazione talebana.
Questo episodio mi è tornato alla mente, in occasione della richiesta, per ora respinta o forse soltanto furbescamente congelata, di revoca della cittadinanza onoraria concessa nel 1924 dalla città di Salò a Benito Mussolini da poco salito al potere e non ancora divenuto "duce" di quel regime che avrebbe cominciato a edificare solo dall’anno successivo dopo essersi assunto, con un celebre discorso, la "responsabilità morale e politica" dell’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Non conosco le motivazioni che, all’epoca, novantacinque anni or sono, spinsero gli amministratori della città lacustre a concedere quella onorificenza all’allora presidente del Consiglio dei ministri, ma, tutto sommato, poco importa. Quel che importa è il fatto che il nome di Mussolini sia rimasto legato alla storia della Repubblica sociale italiana, più comunemente nota come Repubblica di Salò, creata nel settembre 1943 a diciannove anni di distanza dalla concessione della cittadinanza onoraria. In realtà, vale la pena di ricordarlo per incidens, il termine Repubblica di Salò non è esatto perché la sede del governo si trovava in ville e località disposte su una sponda del lago di Garda.
Mussolini alloggiava a Villa Feltrinelli a Gargnano, mentre i ministeri furono sistemati in tutta la regione: gli Interni a Maderno, gli Esteri a Salò, la Difesa a Cremona, l’Economia e le Corporazioni a Verona, l’Agricoltura a Treviso, l’Educazione Nazionale a Padova, la Giustizia a Brescia e via dicendo. Quella della Rsi fu una pagina nera segnata dalla presenza sul territorio italiano dei tedeschi che, di fatto, dettero vita a un vero e proprio governo militare parallelo operante come se le autorità italiane non esistessero. Una pagina caratterizzata da grandi sofferenze e imbrattata dagli orrori della guerra civile e dalle deportazioni in Germania di italiani e di ebrei. Una pagina sulla quale il giudizio etico è stato già pronunciato. E ciò anche se su quel periodo, peraltro, molte cose andrebbero ancora analizzate per capire comportamenti individuali e collettivi: le motivazioni, per esempio, che spinsero molti italiani ad aderire a quel regime oppure a convivervi senza reagire. Ma questo è un compito, delicatissimo, riservato agli storici. È certo, invece, che quella pagina come pure la vicenda intera del fascismo, non può essere espunta dalla memoria storica. La quale dev’essere, invece, conservata con il ricordo del bene e del male, così come vidi fare in Russia. La richiesta di revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini è una operazione politica tesa a perpetuare una contrapposizione ideologica e, soprattutto, a rimuovere un tassello di memoria storica. Il che è, davvero, una pessima cosa. La storia è quella che è. Bisogna conoscerla, studiarla, non demonizzarla. E, soprattutto, non piegarla alle esigenze della "ragion politica".
È, questo, l’unico modo per evitare quei rischi di "moralizzazione retrospettiva della storia e di censura intellettuale" denunciati, tempo fa, da un grande studioso di origine ebraica, l’accademico di Francia Pierre Nora, in un memorabile documento.