Torino, 13 novembre 2022 - Se Caravaggio avesse deciso di dipingere uno dei suoi cieli su un muro, magari lo avrebbero accusato di imbrattamento per poi pentirsi qualche secolo dopo. Senza esitazione un giudice di Torino ha assolto invece dalla medesima accusa Blu, quotatissimo e imprendibile street artist di Senigallia, per il murale che strizza l’occhio al mondo No Tav realizzato in un sottopasso ferroviario della Val Susa. Non ha commesso nessun reato, non si tratta di vandalismo ma di "un ornamento", taglia corto la sentenza. Un richiamo al colore e alla fantasia su una parete che sarà anche di tutti, ma che senza il tocco del misterioso artista sarebbe rimasta "grigia e anonima".
Blu non è Caravaggio e chi sa il suo nome non lo dice. Però figura nella lista dei dieci migliori street artist al mondo. Ha 41 anni e tormentate battaglie legali alle spalle per quel serpente che ingoia un treno realizzato nel 2018 sotto un ponte della Statale 24, evidente critica all’alta velocità. Per convincere i giudici alla fine ci è voluta la testimonianza del critico Tomaso Montanari, docente di storia dell’arte all’università per stranieri di Siena, che ha portato in aula un catalogo con tutte le sue opere, fra cui quella incriminata: "Certifico che è sua, non ci sono dubbi, è il suo stile. A livello italiano è il migliore e rimarrà nella storia".
Blu come Banksy. I Robin Hood che strappano l’arte alle leggi della mercificazione. Se anziché esprimersi per strada avesse scelto metodi più tradizionali, il marchigiano non sfigurerebbe al Moma di New York. Lo hanno detto quelli del Guardian , lo pensano in tanti. Blu, soprannominato appunto "il Banksy italiano" perché nei suoi passaggi non lascia tracce biografiche, è una spanna sopra a tutti con il suo stile inconfondibile, tra il fumetto e la caricatura, applicato ai muri giganteschi di moltissime città in tutto il mondo. Comincia a lasciare i primi segni spray alla fine degli anni Novanta nella periferia bolognese, dal centro sociale Livello 57 finisce sulla bocca di tutti e passa alle vernici a tempera per "imbrattare" superfici sempre più ampie con rulli e bastoni telescopici.
Bizzarre figure umane, banane che si trasformano in armi, panda giganteschi raccontano la sua storia contromano. La Tate Modern di Londra lo invita nel 2008 a decorare la parete laterale esterna del museo con altri artisti. Per protestare contro il sistema culturale, lui nel 2016 decide di cancellare diversi suoi murales bolognesi: l’arte è gratuita, quella di strada non si può privatizzare. Lo slogan è "A Bologna non c’è più Blu e non ci sarà più finché i magnati magneranno".
Nel 2018 i carabinieri di Torino lo denunciano, assieme ad altre quattro persone che gli hanno dato una mano, per violazione dell’articolo 639 del codice penale. La sua colpa: avere deturpato il sottopasso, un bene pubblico, offendendo il sentimento estetico comune. Al contrario, hanno insistito i suoi avvocati, quel murale è un arricchimento per la collettività. E la procura si è convinta ("Il fatto non sussiste. Siamo davanti a un’opera di stimato valore") rischiando di creare un precedente per altri casi simili. Street art sdoganata per sempre? Blu non è Caravaggio e non tutti sono Blu. Ma se adesso anche il writer più scarso si sentisse legittimato ad arricchire il paesaggio urbano a colpi di bomboletta?