Il passaggio in silenzio sotto casa di Ramy Elgaml. Lì ci sono i genitori del diciannovenne, che hanno scelto di non partecipare al corteo partito alle 19.15 di ieri da piazza Gabrio Rosa, nel cuore di un Corvetto avvolto di nebbia gelida. Mentre c’era la fidanzata Neda Khaled, tra i cinquecento che hanno percorso trecento metri senza dire una parola, solo un breve applauso davanti al palazzo di via Mompiani doveva viveva il ragazzo, preceduti da un inequivocabile avviso ai naviganti: "Chi ha intenzione di trasformare questa iniziativa pacifica in qualcosa di violento può andarsene subito, qui non è ben accetto", chiarisce al megafono uno degli amici del giovane egiziano, morto all’alba di domenica scorsa nello schianto del TMax guidato dall’amico ventiduenne tunisino Fares Bouzidi in fuga dalle pattuglie del Radiomobile dopo un alt ignorato otto chilometri prima in zona corso Como.
Tradotto: non ci sarà il bis della guerriglia urbana scatenata in viale Omero lunedì sera, quando una settantina di incappucciati vestiti di nero hanno devastato un autobus pubblico e lanciato bombe carta contro la polizia. Fumogeni rossi e blu incorniciano lo striscione di testa "Verità e giustizia per Ramy e Fares" sostenuto da mamme nordafricane e figli di seconda generazione che intonano frasi in arabo. In prima fila c’è anche la consigliera regionale del Pd ed ex assessora comunale alla Sicurezza Carmela Rozza; spiega che "non si possono giudicare i quartieri popolari se non si conoscono" e invita tutti a trasformare la rabbia in "energia positiva per cambiare le cose". Il corteo fa una sosta in piazzale Ferrara per far volare due lanterne azzurre in cielo. Lì interviene un’esponente dei Giovani palestinesi d’Italia reduce dal corteo pro Gaza in via Padova, che attacca la risposta da "Stato di polizia" del governo Meloni (l’annuncio dell’invio di 600 uomini delle forze dell’ordine in più), evoca una "risposta collettiva a una vita di ingiustizia" e parla senza remore di "omicidio di Ramy".
Un’etichetta che rilancia le accuse contro i carabinieri, ma che non trova alcun riscontro nelle indagini che la procura sta portando avanti per far luce su quanto accaduto una settimana fa: sono indagati Bouzidi (uscito dal coma al San Paolo, dopo un delicato intervento chirurgico al volto) e il vicebrigadiere che guidava la prima macchina inseguitrice (il primo a cercare di rianimare Ramy con il massaggio cardiaco), in attesa di capire se ci sia stato un contatto tra i due veicoli nella fase finale dell’inseguimento. Le immagini registrate da una telecamera non danno risposte sull’eventuale urto (forse arriveranno da perizie e accertamenti tecnici), ma escludono che un eventuale urto sia stato provocato volontariamente dall’autista della Giulietta. Una cassa rimanda preghiere islamiche nel percorso che porterà in via Quaranta. Un lunghissimo rettilineo fino al punto in cui è avvenuto l’impatto letale, di fianco a un distributore di benzina. Poi le lacrime di Neda e degli amici vicino ai mazzi di fiori. I cori per Ramy e Fares. E l’urlo: "Giustizia, giustizia".