Roma, 3 gennaio 2016 - «L’ITALIA è tra i Paesi più sicuri al mondo per partorire e tutto questo grazie a un grande lavoro del Servizio sanitario nazionale. Però se succede ancora, nel 2016, che il parto sia fatale significa che c’è qualcosa da migliorare».
Emilia Grazia De Biasi è presidente della Commissione Sanità del Senato e lancia una proposta: l’istituzione del registro delle morti materne, attivo in molte altre nazioni, ma non qui da noi.
A che cosa potrebbe servire?
«I diversi casi possono avere qualche fattore comune. Età, oppure questioni fisiche come il sovrappeso, malattie di origine cardiovascolare. Mettere insieme i diversi episodi e studiarli, nel tempo, ci può portare a una conoscenza che, a oggi, non abbiamo».
Fattori comuni per possibili terapie future. È così?
«Occorre agire in modo sistematico con l’introduzione del registro, che potrebbe essere affidato all’Istituto superiore di sanità, perché alla fine queste tragedie svelino le loro costanti, se esistono».
Le sembra che si faccia ancora troppo poco?
«Diciamo che si fa molto ma non abbastanza e che le mamme, in qualche modo, sono sempre morte perché nessuno se l’è mai filate».
Scarsa attenzione alle donne?
«Attenzione deviata su aspetti specifici molto approfonditi mentre, a mio avviso, va seguito l’intero percorso fino al post partum. L’obiettivo è la vita del bambino ma anche quella della madre».
Ci sono temi molto seguiti.
«Ma si agisce sempre sull’onda emotiva degli accadimenti. Il ministro della Salute, per dire, ha creato un gruppo di lavoro sulla maternità molto concentrato sulla fertilità. Va bene, ma non basta. Non sappiamo ancora che cosa abbia elaborato questo gruppo, però c’è bisogno di missioni chiare sul percorso-donna. Dalla sterilità alla gravidanza al dopo. Voglio un faro sempre acceso sulla maternità e devono essere rifinanziati i consultori. Dobbiamo far funzionare bene il sistema e alcuni strumenti li abbiamo già. Chiamo in causa le Regioni per questo: tornino a occuparsi delle persone e la smettano con tutto il resto».
Si è fatta un’idea sui casi di questi giorni?
«Non so nulla e non propendo per alcuna ipotesi. Dai problemi fisici all’organizzazione degli ospedali, alla colpa medica. Dovranno essere le inchieste e gli ispettori inviati dal ministero a stabilirlo. Ma fin da adesso annuncio che la Commissione chiederà che i risultati degli ispettori siano immediatamente resi pubblici. È importante sapere e capire. E poi ci vuole il registro. Se esiste in moltissimi Stati una logica c’è, c’è un senso».