Venerdì 13 Dicembre 2024
VIVIANA PONCHIA
Cronaca

L’ex pm e i morti sul lavoro: “Italia assuefatta da anni. La giustizia non fa paura”

Guariniello guidò l’accusa contro Eternit e Thyssen: oggi il sistema è regredito. “I processi non partono nemmeno, tra le imprese c’è un senso di impunità”

Torino, 13 dicembre 2024 – Sono 890 i morti sul lavoro nei primi 10 mesi del 2024. Lo dicono i dati Inail relativi al periodo compreso tra gennaio e ottobre. Uno stillicidio quasi quotidiano da cui restano fuori le 5 vittime dell’esplosione del deposito Eni di Calenzano. Quelle cifre raccontano due cose. Una è l’enormità di un fenomeno ormai endemico. L’altra, ancora più preoccupante, il livello di assuefazione a cui siamo arrivati.

Raffaele Guariniello
Raffaele Guariniello

Raffaele Guariniello, lei come magistrato e giurista ha fatto della sicurezza sul lavoro una missione. Pensa che nella nostra coscienza si sia inceppato qualcosa? Perché tutti questi infortuni continuano a ferire l’Italia e nessuno reagisce? Siamo sotto ipnosi?

“Da un po’ di tempo mi faccio una domanda: non è che siamo tornati negli anni ’70? In materia di sicurezza sul lavoro, passato un periodo di grande fulgore, c’è stato un graduale, ma progressivo processo di rilassamento. La parola d’ordine è sempre ’dopo’. Ricordo cosa disse un procuratore generale della Cassazione nel discorso inaugurale dell’anno giudiziario: gli infortuni sono una calamità. Non lo pensavo allora e non lo penso oggi. Si possono e si devono fare molte cose perché le tragedie non accadano. E farle ’prima’.

Proviamo a fare gli ’indietristi’, come dice il professor Luca Ricolfi. Il mondo di ieri era migliore di quello di oggi? Meno pericoloso?

“Il mondo dell’altro ieri era molto pericoloso. Quello di ieri un po’ meno perché si faceva giustizia. Da qualche anno, direi una decina, la giustizia penale non fa più paura a nessuno. Giro spesso per l’Italia e mi capita di vedere che oggi i processi penali per infortuni sul lavoro proprio non cominciano. Un pm di una regione che non svelo mi ha detto: ’Cosa vuole, non abbiamo tempo, siamo indietro con l’arretrato delle rapine’. Altrove si fanno, ma con una tale lentezza e superficialità che spesso finiscono con la prescrizione o l’assoluzione. È per questo che tra le imprese si è diffuso un senso di impunità”.

Giustizia negata per le vittime, per i loro parenti. Tutto evapora. Impossibile da accettare anche sotto ipnosi.

“A giorni verranno proposte aggravanti per l’omicidio colposo. Ma perché? Di norme importanti ne abbiamo già, basta ripassare i principi eccezionali della legge sulla sicurezza del 2008. Però restano sulla carta. E allora la domanda è: dopo cosa succede? Il segreto è la specializzazione. Il processo Thyssen è finito bene e in fretta perché ne avevamo fatti centinaia prima. Non eravamo i più bravi, ma i più specializzati”.

Stupisce e fa male questa incapacità generalizzata di riconoscere gli errori e di correggerli.

“Inevitabile quando il problema più grave sono appalti e subappalti. Hanno obblighi severi sia il committente che riceve a casa propria sia il datore di lavoro che esegue. Ma la tentazione di non rispettarli è fortissima. E nessuno pensa al dopo. Che significa allargare lo sguardo. Se avviene un incidente in un centro commerciale o su un ponte o in un deposito di oli, bisogna domandarsi in che stato sono supermercati, ponti e depositi nel resto del Paese. Ogni procura è prigioniera della competenza territoriale e quello che fa è già molto, però non estende la visuale per fare prevenzione. Mi hanno detto spesso di non allargarmi. Ma è questa miopia a impedirci di correggere gli errori. Di qui la mia insistenza sulla necessità di una procura sulla sicurezza nazionale. Si esce dall’ipnosi solo domandosi dove accadrà la prossima volta. Pensando al dopo”.

Come mai la superprocura resta una buona intenzione?

“Forse perché si teme che funzioni”.

E chi avrebbe interesse a non farla funzionare?

“Fare sicurezza costa”.