Treviso, 8 gennaio 2025 - “Ci sentiamo presi in giro, vogliamo sapere a che punto sono le indagini”. A sette mesi dal ritrovamento del corpo di Alex Marangon - il 25enne morto dopo un rito sciamanico a base di ayahuasca nell'abbazia di Vidor (Treviso) – i genitori del barista di Marcon (Venezia) rompono il silenzio con una lunga intervista su Antenna Tre.
Il fascicolo della procura trevigiana è ancora aperto, l’ipotesi dei pm è di omicidio volontario a carico di ignoti. “Finora non abbiamo mai parlato con gli investigatori, né col procuratore di Treviso. Perché tutti questi esami, come il tossicologico che tarda da mesi, solo per Alex e non per tutti gli altri che hanno partecipato allo stesso rito? Nemmeno un test è stato richiesto per loro'”, si domandano Sabrina e Luca Marangon. “Alex ucciso con una mazza da baseball. Al ritiro c’era gente importante che non parla per paura di compromettersi”, hanno detto.
I punti oscuri delle indagini
Nella lunga intervista in diretta, andata in onda ieri sera sull'emittente Antenna Tre, i genitori non hanno nascosto di avere più di qualche dubbio sulla bontà della conduzione delle indagini già a partire da quella domenica mattina del 30 giugno in cui fu dato l'allarme della scomparsa del ragazzo.
“L'abbazia non è stata sigillata, non è stata chiamata la scientifica per raccogliere ed esaminare eventuali prove, non sono state trattenute le persone, quelle poche che quella mattina erano forse ancora recuperabili perché erano scappati tutti. I carabinieri ci hanno risposto: 'sono tutti maggiorenni' e basta. Noi quella mattina siamo arrivati là sul tardi, ma forse chi era arrivato prima poteva fare qualcosa in più”, raccontano i genitori.
Ci sono quattro ore di buco fra la scomparsa di Alex e la prima chiamata alle forze dell'ordine. Sabrina e Luca Marangon sono sempre più convinti che in quel lasso di tempo tutti gli altri partecipanti al rito sciamanico si siano accordati su una versione di comodo, mentre rimettevano tutto in perfetto ordine e stato nella chiesa dove si era svolto il rito sciamanico con i due curanderos colombiani.
Quattro ore di buco: "Una messinscena"
''Una bella messinscena, come hanno fatto due giorni dopo facendoci ritrovare il materassino di Alex con tutto buttato sopra alla rinfusa: non era da lui. Pensavano che noi genitori non sapessimo nulla. Invece Alex, anche tramite sua sorella Giada, ci raccontava tutto e sapevamo dell'ayahuasca e delle punture di veleno di kambo in programma quel weekend con i colombiani che, non a caso, costava 400 euro”, raccontano.
Poi mostrano una foto scattata poco prima dell'inizio del rito, dove si vedono disposte in cerchio dentro la chiesa i 20 materassini dei partecipanti con accanto i secchi per vomitare e le bottigliette di ayahuasca: al centro c'è l'organizzatore, il musicista Andrea Zuin.
“Tutto materiale che avrebbe potuto essere sequestrato per essere poi analizzato”, spiegano i genitori di Alex che hanno raccontato anche di aver parlato con un partecipante di quella notte che smentirebbe la versione sempre fornita da Zuin.
''Ci ha detto che solo un gruppetto di 4 o 5 persone è uscito dalla chiesa per cercare Alex, tutti gli altri sono rimasti dentro. Lui aveva notato che mancava Alex e gli altri quattro ed era uscito per chiedere cosa fosse successo, ma Zuin gli ordinò 'vai dentro' e lui invece di insistere gli obbedì''.
Il padre: “Ucciso con una mazza da baseball”
Stefano Marcon è sicuro che Alex sia stato ucciso nell'abbazia - “Probabilmente con qualcosa tipo una mazza da baseball, non certo per annegamento” - e che il corpo sia stato fatto ritrovare sull'isolotto del Piave quattro giorni dopo con l'intento di depistare le indagini e distogliere l'attenzione dalla 'setta dell'abbazia di Vidor'.
“Dove quella sera c'era gente importante e di una certa posizione - dice il padre - tanto che Alex era uno dei più giovani. Nella chat di Telegram che usavano per gli appuntamenti c'erano ben 160 iscritti, ma è stata prontamente cancellata e ora è irrecuperabile”. Non solo. “Sappiamo che c'è gente che quella sera c'era e che sa come sono andate davvero le cose, ma che non si fa avanti e non parla per paura di compromettersi a causa dell'ayahuasca, delle sostanze allucinogene e forse anche della cocaina che qualcuno potrebbe aver dato a forza a mio figlio quella sera”, conclude la madre Stefania.