di Antonella Coppari
Tutti commossi, molti preoccupati, qualcuno avvelenato. È un ultimo giorno di scuola diverso dal solito quello che si celebra a Montecitorio, coronato dal voto sul decreto Aiuti bis, approvato con 322 sì, 13 no e 45 astenuti (ora torna al Senato, perché è stata soppressa la norma che eliminava il tetto agli stipendi dei funzionari pubblici) e dal via libera unanime alla relazione sull’assestamento di Bilancio. È vero, alla fine della legislatura mancavano comunque pochi mesi, ma l’interruzione è stata brutale, inattesa e lascia tutti con una sensazione di incompiutezza che si avverte a pelle in questo uggioso giovedì .
Molti, anzi, moltissimi sanno che si tratta di un addio, e questo pesa. Persino chi è sicuro di rientrare con tanto di corona e golden share per Palazzo Chigi, come Giorgia Meloni (la processione di deputati del centrodestra che le vanno a stringere la mano o a chiedere una foto assieme lo testimonia), in privato qualche patema d’animo lo confessa: "Sono un po’ preoccupata, già so che avrò molto meno tempo per vedere mia figlia, e non parliamo della palestra che sto pure ingrassando", sorride la leader di FdI che decide di non intervenire in aula. Al contrario del ’cordialissimo’ nemico Enrico Letta, tra i pochissimi a indossare la mascherina: "Il prossimo decreto guardi ai più fragili", dice.
Tra l’esercito dei bocciati non tutti riescono a fare buon viso a cattivo gioco: come Veronica Giannone, che annuncia ora di lasciare il gruppo forzista: "Non esiste il diritto alla candidatura ma esiste la correttezza verso i militanti: mi hanno depennato con un sms. Ecco perché me ne vado". Non le manda a dire anche Jessica Costanzo: "È il momento della Restaurazione, non c’è posto per chi come me pensa che in politica il fine non giustifichi i mezzi". Il padrone di casa, il presidente Roberto Fico, combatte con il magone (per la regola dei due mandati di M5s non è stato ricandidato) poi sbotta senza aspettare la conclusione della seduta: "Per me è stato un onore presiedere quest’assemblea. Vorrei ringraziarvi per il lavoro fatto in questi anni". Fuori dall’aula rivela: "Mi sono commosso".
Quelli che contano sul paracadute, al secolo il proporzionale, li riconosci dall’espressione distesa che rivela la fiducia di tornare presto qui. "Il mio collegio uninominale a Messina è difficile – ammette la forzista Matilde Siracusano accarezzandosi il pancione – per fortuna non c’è solo quello". "E speriamo che non partorisca il 25 settembre", chiosa Andrea Romano (Pd). Naturalmente c’è paracadute e paracadute: Sestino Giacomoni, già pezzo da novanta azzurro, paventa una brutta fine: "Sono terzo nella lista plurinominale di FI del Lazio 1. Impossibile l’elezione". Anche Emanuele Fiano, nome di spicco del Pd, non si concede sconti. "Per me è difficilissimo, sono in un collegio sterminato con un milione di elettori. È una battaglia per la vita". Non aggiunge altro, ma certo pensa che nello scontro a Sesto San Giovanni, ex Stalingrado d’Italia, tra lui, figlio di un deportato, e Isabella Rauti, figlia del fondatore di Ordine nuovo, c’è una valenza simbolica in più.
Gran finale con ringraziamenti, cineserie, selfie, scambio di messaggini, e un occhio alla propaganda elettorale. L’ultima scena dell’ultimo atto della legislatura è sempre così: stavolta, però, c’è qualcosa in più: la riforma costituzionale che, con il taglio dei parlamentari, modificherà sostanzialmente le dinamiche delle Camere. I meno turbati in questa anomala e mesta ora sono le volpi corsare che scorrazzano in Parlamento da un pezzo e di momenti simili ne hanno vissuti a volontà. Come Vittorio Sgarbi, che non esita a proporsi come serial killer: "Ho due obiettivi: fare fuori Tabacci che è già quasi andato. E poi eliminare Casini". Squaderna le molte dichiarazioni a sostegno sul cellulare, fa una risata e se ne va. Sipario.