Confessarsi con Gesù non è più un sogno. È una realtà, se non in carne ed ossa, virtuale. L’intelligenza artificiale entra in confessionale nella Peterskapelle, una chiesa cattolica a Lucerna, in Svizzera. Qui da qualche giorno è attiva l’installazione artistica sperimentale Deus ex machina – mai nome è stato più azzeccato – che consente ai fedeli di conversare con un ologramma celeste, connesso ad un chatbot di Gesù. Una volta sedutasi in confessionale, la persona è accolta da una voce che, da dietro la lastra traforata in metallo, recita: "La pace sia con te". Non è la voce di un prete, né di Dio, ma di un’intelligenza artificiale, accessibile 24 ore su 24, in grado di parlare 100 lingue e di rispondere ai quesiti e alle preoccupazioni del singolo in modo personalizzato, con riferimenti biblici e spirituali.
Deus ex machina, come spiega Marco Schimid, teologo della Peterskappelle ed ideatore del progetto insieme con un team di scienziati dell’Università di Lucerna, non pretende di sostituire il sacramento della confessione. "Si tratta solo di un esperimento – chiarisce a mezzo stampa –, di una base di partenza per capire meglio come applicare questa tecnologia alla religione".
Tra i fedeli non mancano coloro che sollevano critiche, specie in relazione alla conservazione dei dati, e chi, dopo aver fatto due chiacchiere col Gesù virtuale, si è detto consolato. D’altronde, lo Spirito soffia dove (e come) vuole, ancor più se non s’intende ledere i sacramenti, ma l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, è lapidario: "Il Natale ci ricorda che Cristo si è fatto carne, non Avatar".
Anche se, ammette l’alto prelato vaticano, "gli strumenti dell’intelligenza artificiale certamente vanno considerati", a patto però che "si conservi la carnalità della vita". Al di là del Tevere la Divinità virtuale può (ancora) attendere.
Giovanni Panettiere