La scritta con un pennarello rosso su un muro bianco: "Amazon impara, la P38 spara". La denuncia del responsabile della sicurezza della multinazionale dell’e-commerce. L’indagine dei carabinieri e la perquisizione a casa di Francesco Savino Vincenzo Vittorio Memeo, 35 anni, indagato per minaccia aggravata. Il cognome dell’uomo denunciato richiama inevitabilmente gli anni di piombo e la foto-simbolo di quel periodo tragico della storia italiana, con il padre Giuseppe con una pistola in pugno. Ma quella è un’altra storia. Andiamo per ordine. Stando a quanto ricostruito dall’inchiesta dei militari del Nucleo informativo di via Moscova, coordinati dal pm Leonardo Lesti, Memeo sarebbe entrato in azione il 17 novembre scorso (tra le 5.50 e le 9.30) nel magazzino Amazon di via Fantoli 108 a Milano, dove lavorava per conto di una cooperativa, scrivendo la frase in uno dei corridoi interni. Il giorno dopo, è arrivata la querela contro ignoti, che ha innescato gli accertamenti dell’Arma: dall’analisi delle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza (nessuna delle quali monitora il luogo preciso del raid), i carabinieri sono riusciti a capire che la mattina precedente, "tra i soggetti che erano transitati nei pressi di quel luogo, non ripreso direttamente, solo uno si era effettivamente recato in corrispondenza del punto ove era stata rinvenuta la scritta". Un’intuizione corroborata anche dai controlli sui badge. Conclusione: per gli investigatori, può essere stato soltanto Memeo. Ieri mattina è scattata la perquisizione nell’abitazione che il trentacinquenne condivide con la compagna: sarebbero stati trovati gli abiti che indossava quel giorno. Il riferimento a quel tipo particolare di arma semiautomatica non può non far tornare alla mente il padre di Francesco, Giuseppe Memeo, ribattezzato proprio "il ragazzo della P38". Un soprannome legato a uno scatto diventato il drammatico poster degli anni Settanta: un uomo col volto parzialmente coperto da una passamontagna immortalato con le braccia protese in avanti e una pistola stretta tra le mani. Era il 14 maggio 1977, in via de Amicis, durante una manifestazione organizzata dopo l’omicidio a Roma di Giorgiana Masi e l’arresto a Milano degli avvocati Giovanni Cappelli e Sergio Spazzali: quel giorno morì il vicebrigadiere del III Reparto Celere Antonio Custra; del suo assassinio fu ritenuto responsabile in concorso il militante di estrema sinistra Mario Ferrandi. Il protagonista di quell’istantanea iconica è proprio Giuseppe Memeo, all’epoca diciottenne, poi condannato per l’omicidio del gioielliere Pierluigi Torregiani, ucciso il 16 febbraio 1979 da un commando dei Proletari armati per il comunismo, i Pac di Cesare Battisti.
Nicola Palma