e Marianna Vazzana
Sei ore di esondazione. Tre quartieri sott’acqua, alberi crollati, la metropolitana con stazioni inondate e servizio a singhiozzo, 3mila persone senza elettricità fino a sera e strade invase dal fango. Per la 118esima volta dal 1975, il torrente Seveso, gonfiato da un nubifragio con punte di 31 millimetri di pioggia in un’ora, è straripato al ritmo di 60-70 metri cubi al secondo, uscendo dal tratto tombinato che ne governa il corso sotto la periferia nord di Milano e scaricando la piena con una potenza che non si vedeva da quasi un decennio. Dal 7 luglio 2014, per l’esattezza, quando un’alluvione altrettanto devastante provocò danni per 47 milioni. Da allora, poco o nulla è cambiato: l’esasperazione di residenti e commercianti, che sanno che almeno due volte l’anno (furono otto nel 2010) dovranno armarsi di pazienza, spazzoloni e secchi; lo scontro tra Comune e Regione sulle responsabilità; i ritardi sulle vasche di laminazione.
La cronaca del martedì nero racconta che il Seveso è uscito dagli argini alle 5.50 per rientrarvi alle 12.05, tenendo la metropoli in ostaggio. I primi ad accorgersene sono stati gli abitanti di Niguarda che hanno patito le conseguenze peggiori. Poi l’onda maleodorante ha invaso viale Fulvio Testi, bloccando chi arrivava dall’hinterland e congestionando il traffico con riverberi a chilometri di distanza. E poi l’Isola con le sue stradine piene di locali e lo snodo ferroviario di Garibaldi, coi binari allagati, gli inevitabili rallentamenti e i pendolari costretti ad arrampicarsi sulle scale esterne per non impantanarsi. L’acqua è penetrata in alcune fermate della linea 3 del metrò, rendendo inevitabile lo stop ai treni, e ha messo fuori uso 6 cabine di Unareti, lasciando al buio centinaia di case.
A mezzogiorno, l’allarme è cessato. A quell’ora, però, era già scoppiata la polemica. "La vasca di Milano è in collaudo, ma le altre, quelle di Regione Lombardia, sono indietro", l’affondo dell’assessore comunale alla Sicurezza, Marco Granelli. Puntuale la replica del governatore Attilio Fontana: "Granelli si dovrebbe occupare di gestire meglio la città in completo abbandono. Noi il nostro lavoro lo stiamo facendo". A metà pomeriggio, è arrivato il resoconto del sindaco Giuseppe Sala che – dopo aver segnalato ("Non è certo un’accusa, ma la constatazione di quanta imprevedibilità ci sia nelle condizioni meteorologiche") che lunedì sera la Protezione civile regionale ha diramato "un’allerta gialla, in teoria non preoccupante" – ha annunciato che "tra un mese avremo a disposizione la vasca di Bresso, che avrebbe aiutato".
Tutto ruota attorno al piano anti-piene. Un piano presentato il 20 ottobre 2014, con cronoprogramma da record: opere per 115 milioni già finanziate e pronte nel 2016. Scadenze tristemente rimaste sulla carta, per varie ragioni: cambi di società, cantieri a rilento e battaglie legali in perfetto stile "Nimby" (fatele ovunque, ma non a casa mia). Ora ci siamo, almeno per quella di Bresso, che dovrebbe entrare in azione entro fine anno; per le altre tre, dislocate tra Senago, Lentate e Paderno Dugnano, bisognerà aspettare almeno il 2024. Sperando che arrivino in tempo per scongiurare l’esondazione numero 119.
Non solo Milano, però. Il maltempo ha flagellato anche il resto della Lombardia e del Nord Italia: è esondato il lago a Como (montate le barriere mobili sul lungo Lario) e si sono verificati crolli da Laglio al Lecchese; a Venezia sono state alzate le paratie del Mose per fermare un picco di marea superiore al metro e mezzo, mentre continuano a preoccupare i livelli di Adige e Po. E se Parma e Piacenza sono ancora segnate da frane e smottamenti (ma si vede un lento ritorno alla normalità), Viareggio è alle prese con case scoperchiate e sfollati. Infine, il bollettino meteo: le previsioni non promettono nulla di buono.