Roma, 21 maggio 2019 - Ma come, quattro anni fa ha soccorso sugli scogli di Ventimiglia i migranti respinti al confine con la Francia e oggi leva la voce contro "una multiculturalità, da tanti spesso invocata e auspicata, per annacquare e sminuire la matrice cristiana dell’Europa"? Di più, denuncia un piano ideologico in atto per archiviare l’identità occidentale con "trapianti dal di fuori". Stupisce la lettera per le Europee firmata dal vescovo di Ventimiglia-San Remo, Antonio Suetta. Un caso di metamorfosi intellettuale? Gioviale e sorridente, il presule si smarca (dalle critiche cattoliche al comizio di Matteo Salvini in piazza Duomo: "Trovo normale che un cristiano invochi l’aiuto di Dio, della Madonna e dei santi, non vi è nulla di blasfemo"), chiarisce ("Sabato sarei andato alla Marcia per la vita contro l’aborto, ma mi sono dovuto accontentare di inviare un video di saluto"), prima di accelerare il passo e varcare la soglia del Vaticano per l’assemblea generale dell’episcopato italiano.
Eccellenza, che fine ha fatto il vescovo eroe dei no border?
"Non ho cambiato idea sulla solidarietà verso chi si trova in una situazione di bisogno immediato, come nel caso degli immigrati sugli scogli nel 2015, ma già allora nutrivo perplessità sul multiculturalismo, su una società ridotta a semplice sommatoria di culture ed etnie, senza un’identità forte".
Ben fa Salvini, a tenere il punto sui ‘porti chiusi’ alle navi delle ong?
"Premesso che quando le tesi si portano avanti con degli slogan si rischiano incomprensioni, ritengo che un conto sia aiutare il prossimo nell’emergenza, un altro è organizzare in maniera stabile un’attività di soccorso in mare".
Giusto il giro di vite, insomma?
"Tra i doveri di uno Stato c’è anche quello di governare i flussi migratori con umanità, verità e senso delle proporzioni. Nell’ottica di una redistribuzione dei migranti fra i Paesi dell’Unione è comprensibile che si chieda di indirizzare le navi anche verso altri porti europei o comunque di condividere l’accoglienza con altre nazioni. Anche perché non tutti i profughi vogliono restare in Italia".
E l’accoglienza ‘senza se e senza ma’ predicata anche dal mondo cattolico?
"Sono certo che la Chiesa ha fatto e fa molto con grande umanità e retta intenzione. Rimane il rischio che alcune realtà ‘solidali’ possano utilizzare il fenomeno migratorio per altri scopi: impoverire l’Africa per lasciarla alla mercé di certi potentati; favorire uno stravolgimento dell’identità europea attraverso l’approdo di masse umane disomogenee".
Da qui nascono le sue preoccupazioni per la tenuta delle radici cristiane del Vecchio continente?
"Anche e non potrebbe essere diversamente visto che l’Occidente sembra vergognarsi della sua storia, quasi a volerla rinnegare".
Si aspettava le critiche al comizio di Salvini, mosse dal gesuita, padre Antonio Spadaro, da ‘Famiglia Cristiana’ e dal segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin?
"Le reazioni possono essere variegate: chi parla soprattutto per slogan e in contesti pubblici lo sa bene. Dal mio punto di vista non trovo nulla di blasfemo o irrispettoso nel gesto del ministro che si professa credente. Parlava di Europa, ha baciato il rosario e invocato la benedizione di Dio e dei santi. È perfettamente compatibile con i convincimenti che dice di avere, poi ognuno è libero di considerare il tutto come crede, ricordando che è sempre impossibile valutare la profondità delle intenzioni".
Scorrendo la sua lettera, tra radici cristiane, difesa dei valori non negoziabili, stigmatizzazione del gender, sembra di essere tornati al pontificato di Benedetto XVI.
"Ho sempre apprezzato e condiviso profondamente gli interventi e la lucidità di pensiero di Ratzinger. Ritengo che papa Francesco non sia da meno nel denunciare le gravi derive del nostro tempo, lo ha fatto più volte con parole molto chiare. Poi ognuno ha le sue priorità in ragione della sua provenienza e della propria storia".