Roma, 8 aprile 2024 – “Mamma”. Galadio, uno scricciolo di appena 12 anni, è partito dal Mali per arrivare in Europa. Ha affrontato il viaggio da solo. E mamma è stata l’unica parola che è riuscito a pronunciare, quando la Guardia costiera spagnola lo ha trovato un mese fa con un cellulare rotto in mano. Voleva rassicurare la famiglia: dire che ce l’aveva fatta ad attraversato l’Atlantico e sopravvivere a quella che è considerata la più pericolosa tra le rotte che i migranti percorrono per arrivare in Europa. Ma Galadio non è stato l’unico a tentare la fortuna sulla via oceanica: gli sbarchi alle Canarie nel 2024 sono aumentati del 501% rispetto all’anno scorso.
Negli ultimi sei mesi i migranti e le loro storie di disperazione e (spesso) morte hanno scelto nuove rotte. Nel 2023, la meta preferita per arrivare in Europa era l’Italia: da Africa e Asia erano partiti in 157.301. Il 50% in più rispetto al 2022. In Spagna erano arrivati in 57.538, in crescita dell’81% rispetto ai dodici mesi precedenti, ma nel complesso sempre un terzo rispetto a quelli approdati in Italia. Nei primi quattro mesi di quest’anno la situazione si è ribaltata: secondo l’Unhcr, in Italia al 31 marzo sono arrivati 11.055 migranti, un calo del 60% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. E in Spagna? Nei primi tre mesi dell’anno gli sbarcati erano già 16.575, il 279% in più rispetto al 2023, di cui 13.297 alle Canarie, dove gli ospiti dei centri di prima accoglienza sono di fatto quintuplicati.
Ma la crisi migratoria spagnola non è cominciata nel 2024. Il suo inizio ha una data precisa: il 16 luglio 2023, quando la Tunisia di Kais Saied firma un memorandum d’intesa con la Ue, sponsorizzato in prima persona dalla premier Giorgia Meloni, di supporto economico e aiuti per controllare le partenze. In quel giorno, secondo i dati delle Nazioni Unite, gli arrivi in Spagna erano in flessione del 9% rispetto allo stesso periodo del 2022. Alle Canarie gli sbarchi erano addirittura in calo del 17%. Poi tutto è cambiato. Saied tra il 16 luglio e il 22 settembre azzera di fatto i controlli sulle coste: la pressione sull’Unione europea, che gli ha promesso 127 milioni di euro, è massima. In quei due mesi sbarcano in media oltre 4mila migranti a settimana in Italia. Il 22 settembre la Ue sblocca i fondi. L’autocrate tunisino, clamorosamente, restituirà a Bruxelles i 60 milioni di supporto al budget (definendoli sprezzantemente come "elemosina"), ma tiene i 67 milioni per il controllo delle frontiere. E, amara constatazione, le partenze dalla Tunisia verso l’Italia si arrestano: dal 22 settembre al 31 marzo passano da 29.919 (tra il 2022 e il 2023) a 13.170 (tra il 2023 e il 2024), un calo del 56%. Anche se negli ultimi giorni sono ripartiti i barchini verso Lampedusa.
“Bisogna tener conto – spiega Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi ed esperto di migrazioni – che 67 milioni di euro sono comunque briciole. Al Niger, Paese molto più povero, avevamo dato 600 milioni e lì lo stop alle partenze era stato netto. Stesso discorso con la Libia, dove gli accordi sotterranei con le milizie nel 2017 avevano fermato subito i barconi. La situazione tunisina è estremamente incerta e bisognerà aspettare ancora due o tre mesi per capire se questa prima flessione, che c’è, reggerà. E se non si apriranno nuove rotte alternative: in Niger il governo in carica dopo il golpe ha depenalizzato le leggi sull’immigrazione illegale e ci sono notizie di militari che hanno scortato i migranti verso il confine". Il blocco di Saied, quindi, potrebbe avere ragioni più interne. "Il presidente tunisino è imprevedibile, l’ipotesi più plausibile al momento è che abbia voluto riaffermare la propria autorità, visto che la situazione nel 2023 gli era sfuggita di mano. Quanto può reggere? Dipende molto da quello che faranno le forze di sicurezza, che vivevano delle tangenti dei trafficanti, e le famiglie tunisine che organizzavano i viaggi su barconi di ferro".
Per ora i numeri ci dicono che da Mauritania, Senegal e Gambia sta salpando la stragrande maggioranza dei migranti che tentano di raggiungere le Canarie. Non tutti, purtroppo, ce la fanno: nel 2023, secondo la ong Caminando Fronteras, 6618 persone sono morte nel tentativo di raggiungere la Spagna. Diciotto al giorno, quasi tutte (6007) sulla rotta atlantica. Le barche scomparse senza che nessuno a bordo si sia salvato sono state 87. Un cimitero galleggiante. Secondo l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), nei primi tre mesi di quest’anno hanno già perso la vita 111 migranti diretti verso le Canarie. Nemmeno la paura della morte (come sempre, a dire la verità) ha fermato le partenze: gli arrivi sull’isola spagnola sono passati da 6664 nel periodo dal 22 settembre al 31 marzo nel 2022-2023 a 38749 nel 2023-2024. Un aumento del 481%. Numeri dietro i quali, non bisogna dimenticarlo mai, ci sono storie di ordinaria disperazione come quella di Galadio e della sua mamma.
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