Roma, 27 agosto 2019 - Porti italiani chiusi per la nave Eleonore, che ieri ha soccorso di 101 persone a bordo di un gommone che stava affondando "a 43 miglia da Al-Khoms" e ora è in cerca di "un porto sicuro". Il ministro dell'Interno Matteo Salvini firma il divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque italiane per l'imbarcazione della ong LifeLine. Divieto questa volta controfirmato dai ministri (M5s) della Difesa e dei Trasporti, Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli. Cosa che fa scattare la soddisfazione del Viminale, "per la ritrovata compattezza del governo", in un giorno in cui sono in corso le trattative per la formazione di un governo giallorosso. Ma fonti della Difesa spiegano che la firma del ministro "ha motivazioni squisitamente tecniche", si tratta di "un 'atto dovuto', una volta verificato che non ci sono vizi nella procedura e che la legislazione vigente (il decreto Sicurezza bis) può essere applicata".
Nel testo del Viminale si precisa che di fatto "la nave Eleonore ha anticipato l'arrivo della motovedetta libica operando in totale autonomia". Al contrario di quanto scritto ieri, su Facebook e Twitter, Mediterranea Saving Humans che denunciava anche l'atteggiamento minaccioso della Marina libica. "Mentre erano ancora in corso le operazioni di soccorso da parte del rescue team di Eleonore, una motovedetta della cosiddetta 'guardia costiera libica' si è minacciosamente avvicinata al gommone, terrorizzando i naufraghi. Poi si è fortunatamente allontanata, le persone sono tutte in salvo a bordo della nave Eleonore che sta facendo rotta verso nord alla ricerca di un porto sicuro per lo sbarco dei naufraghi".
Nuovo naufragio, si temono 40 morti
Intanto Alarm Phone denuncia un nuovo naufragio con molte vittime al largo della Libia. La rete, che raccoglie e diffonde gli sos dei natanti in difficoltà, riferisce di aver ricevuto la prima segnalazion verso le 3.30 da una barca al largo della Libia, "con un massimo di 100 persone a bordo". L'imbarcazione era partita da Al Khums circa 3 ore prima. "Erano in grande angoscia, piangevano e urlavano, dicendoci che la gente era già morta. Abbiamo cercato di ottenere la loro posizione Gps ma le persone erano così in preda al panico che non sono riuscite a recuperarla. Dato che la barca era ancora molto vicina alla costa libica, non avevamo altra scelta che informare le autorità di Liba e Italia. Non siamo più stati in grado di parlare con quella gente. Alle 6 del mattino un parente ci ha chiamato, dicendo che temeva per le persone a bordo. Aveva paura che fossero morti".
Morti che poi purtroppo sono stati confermati con un tweet dall'ufficio libico dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). "Circa 60 sopravvissuti sono stati riportati sulla costa e diversi corpi sono stati recuperati, tra loro tanti bambini". In una quarantina, invece, non ce l'hanno fatta. Dopo la tragedia, per l'UNHCR è salito a oltre 900 il numero delle persone che hanno perso la via nel tentativo di arrivare in Europa via mare. Gli stati costieri, è l'appello dell'organizzazione umanitaria, facciano di più per soccorrere i naufraghi.