Martedì 12 Novembre 2024

Migranti in Albania, altri 7 tornano in Italia. Il tribunale di Roma ha bloccato i trattenimenti

I giudici capitolini sospendono il provvedimento detentivo e rinviano il caso alla Corte di giustizia Ue. Il Viminale si costituisce parte in causa. Salvini e Tajani: “Sentenza politica”. Anm: “Magistrati fanno il loro dovere”

ALBANIA ITALY MIGRATION

Migranti sbarcati a Shengjin, in Albania. Erano stati soccorsi al largo di Lampedusa (Ansa)

Roma, 11 novembre 2024 – Ancora una volta i giudici di Roma disapplicano il decreto Paesi sicuri del governo. Con l’ordinanza del 18 ottobre scorso la sezione immigrazione del tribunale capitolino non aveva convalidato il trattenimento di 4 migranti, i primi, trasferiti nei centro dell’Albania. Oggi, in merito al caso analogo di altri sette richiedenti asilo, egiziani e bengalesi, ha sospeso il giudizio chiamando il causa il parere della Corte di giustizia Ue. 

La sospensione dei giudizi “non arresta il decorso del termine di legge di efficacia dei trattenimenti disposti dalla Questura”, si legge in una nota del tribunale stesso. Tradotto: scaduti i termini della detenzione, ovvero 48 ore dopo, i sette in questione devono uscire dal Cpr di Gjader, dove erano stati portati della nave Libra della Marina militare italiana, al suo secondo viaggio da Lampedusa all’Albania. Affinché infatti il trattenimento – che è un atto della questura – sia prolungato, deve esser convalidato da un giudice entro due giorni di tempo.

La ripartenza in direzione Brindisi è prevista in serata, con la nave Visalli della Guardia costiera. All’arrivo i 7 migranti saranno trasferiti in un Centro per richiedenti asilo in territorio pugliese per essere sottoposti all'iter ordinario di esame della domanda. A quanto si apprende, la logistica del trasferimento era stata organizzata in adeguato anticipo. Segno che da parte delle autorità italiane la 'liberazione’ dei migranti era attesa. 

Salvini e Tajani: sentenza politica

 Per Matteo Salvini, protagonista di ripetuti attacchi alla magistratura su questo tema, quella del tribunale di Roma è “un’altra sentenza politica, non contro il governo, ma contro gli italiani e la loro sicurezza”. Per l’altro vice premier, Antonio Tajani "alcuni magistrati stanno cercando di imporre la loro linea politica al governo. Questo non è veramente accettabile”. Per sostenere le proprie ragioni il ministero dell’Interno si costituirà davanti alla Corte di giustizia europea.

Perché la Corte Ue

 Il tribunale di Roma sottolinea di non essersi espresso nel merito della richiesta di convalida ma “ha dovuto necessariamente sospendere i relativi giudizi in attesa della decisione della Corte di giustizia”. Ma perché i giudici italiani tirano in ballo L’Europa? “Il diritto dell'Unione europea viene prima della legge ordinaria”, ha più volte chiarito Silvia Albano, giudice del tribunale di Roma. Questo spiega perché anche altri tribunali italiani si sono pronunciati finora in modo analogo a quello romano. Il decreto Paesi sicuri del governo italiano cristallizza in una legge l’elenco di paesi di origine dei richiedenti asilo considerati sicuri ai fini del rimpatrio – nella lista ci sono anche Egitto e Bangladesh –. Ma per i giudici è in conflitto con la giurisprudenza dell’Unione europea, in particolare con una sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre in cui si stabilisce che per dirsi sicuro il Paese in questione deve essere caratterizzato da una situazione “generale e costante” di sicurezza. Secondo i giudici romani evidentemente Egitto e Bangladesh non rientrano in questa fattispecie.

Già il tribunale di Bologna ha chiesto ai togati dell’Ue quale sia il parametro "sulla cui base debbono essere individuare le condizioni di sicurezza che sottendono alla designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro”. Si attende il responso. 

Anm: “I giudici fanno il loro dovere”

Alla luce delle nuove polemiche politiche di oggi l segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati Salvatore Casciaro ha voluto ribadire che “la primazia del diritto dell'Unione europea è l'architrave su cui poggia la comunità delle corti nazionali e impone al giudice, quando ritenga la normativa interna incompatibile con quella dell'Unione, di applicare quest'ultima o, in caso di dubbio, di sollevare rinvio pregiudiziale, cosa che è stato fatto in questo caso dal tribunale di Roma”. “Non ci si può quindi lamentare – ha aggiunto –  del fatto che i giudici fanno il loro dovere né dare loro la colpa di inciampi nel perseguimento di politiche migratorie che spetta ovviamente al governo decidere ma che non possono prescindere del quadro normativo europeo e sovranazionale nel quale si collocano”

“Rimpatrio possibile anche se Paesi di origine non sicuri” 

Contestualizzando la sospensione del trattenimento dei 7 migranti, il tribunale di Roma ha voluto precisare anche che "deve essere chiaro che la designazione di Paese di origine sicuro è rilevante solo per l'individuazione delle procedure da applicare; l'esclusione di uno Stato dal novero dei Paesi di origine sicuri non impedisce il rimpatrio e/o l'espulsione della persona migrante la cui domanda di asilo sia stata respinta o che comunque sia priva dei requisiti di legge per restare in Italia”.