Firenze, 24 gennaio 2022 - Grandissimo successo ieri a Firenze per Zubin Mehta all’ultima recita di Die Fledermaus di Johann Strauss (tre ore di spettacolo). Mehta – che con la moglie Nancy ha donato al Maggio Musicale Fiorentino la somma di un milione di dollari, la più alta donazione privata mai avuta dal MMF e verosimilmente da nessun altro teatro, quanto meno italiano – è di questa istituzione direttore onorario a vita, dopo essere stato direttore principale dal 1985 (ed avervi debuttato nel 1961). Alle spalle, 85 anni di età e alcuni recenti acciacchi che lo hanno tenuto lontano dal podio per qualche mese. Ma, felicemente rimosso ogni intoppo, Mehta fa baldanzosi programmi per i prossimi tre anni ("Non di più, per ora, non esageriamo" dice). Mehta accarezza sempre il proposito di dirigere il gigantesco Parsifal? Il maestro conferma: "Sì, certo, ci penso ancora". Il direttore indiano – nato a Bombay nel 1936 – oltre che per l’eccellenza della professione, è conosciuto come uno degli uomini più affascinanti del mondo musicale. Vita difficile per la moglie Nancy, al suo fianco da oltre 50 anni? "Oh no, vita meravigliosa! Lui è così gentile, mi ha sempre messa al primo piano. D’altronde mi domando quanto sia stato difficile anche per lui vivere accanto a me...". Mehta sposò la biondissima Nancy Kovack, attrice tv americana di ascendenze slave, a 33 anni. Aveva già due figli dalla precedente moglie (la quale poi sposò il fratello di lui, come usa in India tra fratelli) e due altri ne ebbe da altre relazioni. Dei quattro, uno ha intrapreso la carriera musicale ed è tuttora direttore esecutivo dell’Orchestra Sinfonica di Toronto. Nella famiglia Mehta (schiatta aristocratica di origine Parsi) la musica è antico retaggio. Il padre Mehli, pioniere della musica occidentale in India, è stato violinista e direttore d’orchestra nonché fondatore, nel 1935, della Bombay Symphony Orchestra. Per lei maestro si ipotecava un avvenire nella medicina... "Ma fin da adolescente ero responsabile degli spartiti, con piccole mansioni pratiche presso l’orchestra. Sono cresciuto al suono della musica occidentale classica – fatto mi pare raro persino da voi. Durante le lezioni di anatomia avevo nelle orecchie solo Brahms. E così a 18 anni partii per l’Europa. Arrivai a Vienna nel 1954 e mi iscrissi alla Accademia di Musica (frequentata allora anche da Claudio Abbado cui si legò di stretta amicizia, ndr)". Difficili, i suoi inizi? "No. Il mio maestro, Hans Swarowski – direttore mediocre ma grande insegnante – mi insegnò alcune cose fondamentali, come dare il massimo senza scompormi. Ciò mi ha permesso di non sovraccaricare mente e fisico con inutili dispersioni di energie. Fino a poco tempo fa la mia giornata lavorativa era di 17/18 ore". Una carriera fulminea, quella di Zubin Mehta. Subito incarichi fissi presso grandi orchestre : Montreal Symphony, Los Angeles Philharmonic, New York Philharmonic, Bayerisch Staatsoper, fino al Maggio Musicale e alla Israele Philharmonic, diretta per la prima volta quando aveva 25 anni e che rimase uno dei punti di forza di tutta la sua carriera. Lei è un grande wagneriano. Cercò mai di proporlo in Israele? "Nel 1981, con il consenso della maggior parte degli orchestrali, cercai di presentare il Preludio e Morte di Isotta. Successe il finimondo. Mi resi conto che non erano ancora pronti. Adesso i tempi sono maturati. I conflitti non si risolvono con la vendetta. In questo modo non ci sarà mai pace". La sua cultura orientale non incontrò pregiudizi nell’ambiente musicale? "La cultura no ma... quando fui proposto alla Scala, con la quale poi ho avuto e ho un bellissimo rapporto, mi dissero che Ghiringhelli aveva esclamato: un direttore indiano? Per carità: poi verrà a dirigere col turbante!". Lei ha passato tre quarti della sua vita in Europa. Che cosa le è rimasto delle sue origini? "Molto di più di quanto possa credere! Dalla forma mentale dei Parsi, cui appartengo, allo Yoga che mi permette di dormire o rigenerare le mie facoltà quando lo voglio, alla cucina (mangio all’indiana appena posso). Non fumo, non bevo. Ma sono un ottimo cuoco". Estroverso ed entusiasta, Mehta è anche un grande viaggiatore. "Però non mi parli di vacanze. Ricordo quando andai con mia moglie all’isola di Pasqua o nel Ruanda… Una faticaccia! Quando sono tornato e ho alzato la bacchetta per dirigere l’Ottava di Bruckner mi son detto: finalmente riposo!". Maestro: Dio, c’è? "Come Parsi dovrei pregare un’ora al giorno. Confesso che non lo faccio. Ma nel mezzo di una sinfonia di Brahms, o di Mahler, o di Bruckner, mi sento più vicino a Dio di qualsiasi praticante. La musica è qualcosa di tangibile, bello, perfetto. È amore. E che cos’è Dio se non perfezione e amore?".
CronacaLa religione di Mehta: "Dio è una sinfonia"