Giovedì 9 Gennaio 2025
ANTONELLA COPPARI
Cronaca

Cecilia Sala, tutte le mosse di Meloni: dal dialogo con l’Iran alla visita-lampo a Trump

Standing ovation in Parlamento quando è stata data la notizia della liberazione. La gioia dell’opposizione e i complimenti del presidente Mattarella

Roma, 8 gennaio 2025 – È un successo pieno e su tutti i fronti. Tanto che, per la prima volta, Giorgia Meloni incassa il plauso anche dell’opposizione. Quando nell’Aula tanto del Senato quanto della Camera viene annunciata la notizia della liberazione di Cecilia Sala scatta la standing ovation. A stretto giro arrivano i complimenti di Elly Schlein: “È la notizia che stavamo aspettando. Un ringraziamento al governo, al corpo diplomatico, ai servizi a chi ha lavorato incessantemente in questi 20 giorni”. Poi di Giuseppe Conte: “Un applauso a tutta la filiera che ha reso possibile questo risultato”. E quindi, di tutti gli altri. Non mancano le congratulazioni di Sergio Mattarella, aggiornato costantemente sugli sviluppi. La soddisfazione a Palazzo Chigi è straripante: “Sono stati tutti impeccabili. Non c’è una nota stonata”.

La premier Giorgia Meloni ha accolto a Ciampino la giornalista Cecilia Sala
La premier Giorgia Meloni ha accolto a Ciampino la giornalista Cecilia Sala

Nella realtà, un momento di tensione in mattinata – dopo il via libera ottenuto nella notte – c’è stato: il volo della giornalista e del direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli – arrivato a Teheran per l’ultimo colloquio con gli iraniani – non ha rispettato la tabella di marcia. Ben 45 minuti di ritardo: di qui il timore, nell’attesa, che qualcosa potesse andare storto. Con il decollo dell’aereo la tensione nella ’situation room’ si scioglie e la premier, dopo aver telefonato ai genitori della giornalista (“Cecilia sta tornando in Italia”) si produce in un comunicato di rara sobrietà: “Grazie a un intenso lavoro sui canali diplomatici e di intelligence la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorità iraniane”. Sono grata, continua, “a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile questo ritorno”. Nessuna iperbole, niente eccessi: non ce n’è bisogno.

Giorgia Meloni, come quasi tutti, insiste sullo sforzo corale: “È stato un bel gioco di squadra che ci ha regalato la grande emozione di vedere Cecilia Sala abbracciare i suoi genitori”, dice quando l’aereo è atterrato a Ciampino. Sa benissimo che il merito verrà attribuito principalmente a lei e non a torto. La chiave di volta è stato l’incontro di Mar-a-Lago, con la rassicurazione del nuovo presidente degli Usa, Donald Trump, che avrebbe compreso un respingimento da parte italiana dell’estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi. Un semaforo verde condizionato solo a concludere tutto prima del suo insediamento, il 20 gennaio. Una finestra stretta, ma che con un pizzico di fortuna permette di evitare scortesie gravi con il presidente uscente. Il governo italiano ha informato l’amministrazione Biden, la tempistica garantisce di ritardare la scarcerazione dell’ingegnere iraniano fino a dopo la visita del presidente americano che arriverà giovedì in Italia. La forma è salva. All’esito positivo hanno senz’altro contribuito i buoni rapporti tra Italia e Iran.

Ma se il ruolo della premier è stato decisivo, anche il lavoro di squadra c’è stato davvero. Di certo, alla diplomazia italiana va riconosciuto il merito di essere stata attentissima, anche nel momento di massima tensione dopo le drammatiche telefonate in cui la giornalista denunciava le pesanti condizioni della sua detenzione, ad evitare ogni forzatura, ogni polemica eccessiva, ogni accenno di ritorsione. Come conseguenza di questa cura, l’Iran è stato solerte nel cogliere l’occasione apertasi in Florida prima negando ogni relazione tra l’arresto di Abedini e quello di Sala, poi spostando la giornalista dall’isolamento in una cella a due con libri da leggere e la possibilità di telefonare alla famiglia. Essenziale, non certo per la prima volta, il ruolo del sottosegretario con delega ai servizi, Alfredo Mantovano, tanto che nel giro del governo si segnalava con una certa soddisfazione di aver dimostrato alla dimissionaria Elisabetta Belloni (in pole position come direttore del Dis c’è il prefetto Vittorio Rizzi) di aver chiuso benissimo un’operazione delicata senza l’aiuto di un ’civil servant’ come lei. C’è chi ipotizza anche un ruolo della Santa sede, con il Papa che il 4 gennaio ha avuto un colloquio con l’ambasciatore iraniano in Vaticano, Mohammad Hossein Mokhtari.

I meloniani rivendicano non solo la singola vicenda, ma un intero metodo: “Ancora una volta si è dimostrato che parlare con tutti, dagli Ayatollah al presidente argentino Milei è la strada giusta”. Giovedì in conferenza stampa, Giorgia Meloni, troverà il modo di rivendicare il successo. La sua posizione esce ulteriormente rafforzata nei rapporti con gli alleati di maggioranza. Insomma: il governo è sempre più “suo”. E per la prima volta ha ottenuto quel riconoscimento di merito da parte dell’opposizione che tante volte ha reclamato invano.