Hanno provato in tutti i modi a trasformarlo in un’icona del movimento no vax a poche ore dalla sua morte, ma la famiglia di Giuseppe De Donno, il primo a sperimentare la cura anti Covid a base di plasma iperimmune (poi bocciata da Aifa e Iss), ha preso le distanze da qualsiasi strumentalizzazione. "Giuseppe De Donno era un medico che amava la sua professione fino in fondo e che non ha mai rinnegato la scienza.
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Un medico stimato e apprezzato per aver dato tutto se stesso per il bene della comunità. Ma Giuseppe – scrivono i parenti in un appello pubblicato su Facebook – non era solo medico. Prima di tutto era uomo, figlio, padre, marito, fratello, zio, nipote, cugino e amico, con anche una vita privata lontana dai riflettori, che nell’ultimo periodo hanno preso il sopravvento".
Le immagini di tanti manifestanti no pass e no vax che esibivano la foto di De Donno, come se fosse un eroe di quella galassia, hanno infastidito la famiglia. "Era una persona gentile, con una parola di conforto al momento giusto in ogni occasione per ognuno di noi, che amava la sua famiglia in maniera incondizionata, ed era amato… altroché se era amato! Chi lo conosce realmente sa che nulla di ciò che in questi tristi giorni stiamo leggendo su web, social, quotidiani e striscioni appesi per la città lo rappresentano. In questo drammatico momento il silenzio sarebbe la forma più grande di rispetto e di amore per lui e tutti i suoi cari. Vi ringraziamo per tutto l’amore che viene dimostrato, ma ci sono situazioni private che non possono e non devono essere strumentalizzate".
Un appello subito caduto nel vuoto. Anche ieri molti manifestanti no vax hanno urlato il nome di De Donno durante le diverse manifestazioni organizzate in tutta Italia. A Roma il movimento di ultradestra Casapound ha organizzato un blitz davanti alla sede dell’Aifa. "Verità per De Donno", è il testo dello striscione esposto durante l’azione in via del Tritone per ricordare l’ex primario di pneumologia dell’ospedale di Mantova trovato senza vita nella sua casa. "De
Donno – ha spiegato al megafono Luca Marsella, tra i leader di Cpi e consigliere municipale a Roma – è stato uno dei principali fautori della cura con plasma iperimmune, ma si è dovuto scontrare con una vera e propria campagna denigratoria".
red. int.