Bologna, 14 aprile 2023 – "Amore rientra nel Giampo che conosco, lo capisci che ti amo?". Isabella Linsalata era una donna "profondamente e ingenuamente innamorata del marito" e "anche il suo benessere emotivo dell’ultimo periodo è dovuto proprio al riavvicinamento del primo, che le fa evidentemente sperare di potersi lasciare definitivamente alle spalle il recente passato così carico di dolore". Scrive così il giudice per le indagini preliminari Claudio Paris nell’ordinanza di custodia cautelare in cui dispone il carcere per Giampaolo Amato, medico di 64 anni, accusato di avere ucciso la moglie Isabella, 62, il 31 ottobre 2021, dopo averle somministrato benzodiazepine e un anestetico ospedaliero. Un cocktail che avrebbe sedato e poi ucciso la donna, impedendole di respirare. Il movente principale sarebbe stato il desiderio dell’uomo di poter vivere appieno la relazione con l’amante, iniziata anni prima (e finita poco dopo il decesso della consorte).
Ma come le avrebbe somministrato i farmaci? Resta un cono d’ombra nelle indagini di procura e carabinieri. Il sospetto è che le benzodiazepine fossero mescolate a una tisana preparata dall’indagato alla moglie. E per l’accusa, non sarebbe stata la prima volta che a Isabella veniva somministrato del Midazolam a sua insaputa. Il 19 maggio 2019 la donna aveva bevuto una bottiglia di vino offertale a cena dal marito e poi era stata trovata in una sorta di stordimento dalla sorella Anna Maria; un successivo esame delle urine la rivelò positiva al farmaco. Lo stesso poi rinvenuto dai Ris, nel 2022, nella bottiglia conservata per tutto quel tempo dalla stessa sorella. Proprio in quel periodo, le cose tra Isabella e ’Giampo’ erano particolarmente compromesse dalla crisi causata dalla relazione adulterina dell’uomo. "Amore ti prego, rientra nel Giampo che conosco, non ce la faccio più, sono 11 mesi che sto male... Te ne prego, capisci che ti amo? Altrimenti a quest’ora avrei già trovato un’altra soluzione", gli scrive Isabella su WhatsApp.
Anche nel precedente momento di crisi però, in concomitanza con i primi episodi sospetti di stordimento manifestati da Isabella (e per cui in un’occasione fu anche ricoverata all’ospedale Sant’Orsola), cioè a febbraio 2019, l’amore della donna non vacillava: "Ti voglio tanto bene – gli scriveva – prego per la bella famiglia che abbiamo costruito insieme". Un messaggio d’amore a cui il marito rispondeva solo con tre faccine. E lei delusa replicava: "Dopo una dichiarazione così, solo le faccine?". E Amato: "Amore! Non era partito il resto: una meraviglia" con un cuore. Ma si tratta solo di un’illusione, se pochi giorni dopo a questo scambio segue un monologo di lei a lui, ben più cupo: "Sto morendo dalla disperazione... E pensare che basterebbe veramente poco da parte tua, ma se non c’è... Mi trascino a casa solo perché c’è nostro figlio, se non ci fosse lui me ne andrei. È troppo doloroso per me amare una persona e sentirla indifferente... ancora peggio, ostile".
Così, conclude il giudice, "a distanza di quasi due anni e mezzo" dall’episodio della bottiglia di vino ’compromessa’, "che sicuramente ha già perdonato, convinta e felice all’idea di tornare insieme al marito, non v’è motivo per lei", quel 30 ottobre 2021, "di ipotizzare che quest’ultimo nuovamente possa somministrarle qualcosa a sua insaputa e dunque, in definitiva, per mantenere alto il livello di guardia". Invece, se le accuse risulteranno fondate, si sbaglia.