Roma, 10 maggio 2017 - DIETRO LE SBARRE ma liberi di esercitare la professione. Parliamo dei sanitari che sfuggono alla censura del loro organo di autogoverno. Vedi il caso clamoroso di Brega Massone, ex primario chirurgo all’ergastolo. Chiediamo a Maurizio Scassola, vicepresidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) a cosa si deve la difficoltà a perseguire a livello deontologico chi è stato condannato.
Dottor Scassola, perché è impossibile cancellare dall’albo dei camici bianchi un medico all’ergastolo come Brega Massone?
«Perché noi non abbiamo capacità ispettiva, nessun organo inquirenti, rispetto alle prove dobbiamo affidarci alle istituzioni, cioè la magistratura».
E cosa si aspetta a chiedere gli atti ai giudici?
«Se non abbiamo una veloce comunicazione dalle procure che ci passano i fascicoli, o che ci impongono d’imperio la sospensione immediata dell’iscritto, perché lo possono fare, noi non abbiamo possibilità di entrare nel merito. Possiamo riunire le commissioni, prendere atto che il collega è stato arrestato, chiedere conto delle prove, ma questo succede raramente. Abbiamo armi spuntate, deve intervenire la riforma degli ordini».
Se Brega Massone fosse fuori potrebbe esercitare: non andrebbe sottoposto a procedimento in contumacia?
«La radiazione potrebbe essere fatta anche in assenza dell’interessato, ma se non riceviamo gli atti dalla procura della Repubblica, il presidente e il collegio di quell’ordine provinciale a cui è iscritto Brega Massone non hanno elementi, se non gli articoli di giornale, per radiare il collega».
Non le pare una anomalia quantomeno paradossale?
«Potrei dire vergognosa, visto che non possiamo intervenire. Nel caso Brega Massone credo sia mancato un passaggio importante, vale a dire che è il giudice a dover indicare ai consigli che quel medico va sospeso o va radiato, anche se sembra incredibile non abbiamo nessuno strumento giuridico disciplinare per prendere l’iniziativa».
Lei fa parte del comitato centrale Fnomceo, non potete intervenire sui colleghi di Milano per sbloccare il caso dell’ex primario in carcere?
«Ogni consiglio provinciale è autonomo. Noi possiamo chiedere conto ma senza incidere sul percorso disciplinare di quell’ordine dei medici, che ritengo si sia comportato in maniera corretta, gli strumenti a disposizione sono quelli».
Ma casi come il medico scettico sui vaccini sono andati in porto, e un medico è stato radiato.
«Giusto. Ma questo è un altro caso. Il dottore ha avuto dei comportamenti tali per cui non hanno richiesto accertamenti del tribunale. Se non c’è interferenza l’ordine va veloce, nessun stranezza, ripeto: sono casi totalmente diversi».
Ma a Roma, per giunta, c’è stato uno stop di due anni e mezzo, nessun procedimento disciplinare andava avanti, perché?
«La commissione centrale è stata fermata dalla Corte Costituzionale per via di un esposto su un presunto conflitto di interessi tra il ministero della salute e la commissione disciplinare. Questa è stata dichiarata illegittima e per molto tempo è stata bloccata l’operatività. Non mi riferisco solo a situazioni come quella della clinica Santa Rita, ma parlo anche di medici condannati per violenze carnali, omicidi, di tutto. Qui arrivano le decisioni impugnate dopo sentenza provinciale. E qui giacciono non so quante centinaia di posizioni. La commissione è stata ricostituita, si è insediata il 13 marzo scorso, e riparte questa settimana con le radiazioni, poi affronterà spero in tempi veloci il resto dell’arretrato».
Intanto anche i vostri colleghi radiati continuano a lavorare.
«D’accordo. Ma dobbiamo anche permettere a qualsiasi soggetto incolpato di potersi difendere nei diversi gradi di contestazione della colpa». E dopo cinque anni dalla radiazione, il medico può riaprire l’ambulatorio? «Se il giudice, dopo cinque anni, ritiene di poter sanare il provvedimento perché la situazione è cambiata, può consentire al medico di esercitare e di iscriversi di nuovo presso l’ordine che l’ha radiato».