Milano, 29 ottobre 2024 – I documenti arrivavano da “alcuni amici di Carmine”, l’ex super poliziotto Carmine Gallo ora ai domiciliari, tra i presunti capi del gruppo di cyber-spie smantellato dall’inchiesta della Procura di Milano. L’hacker Nunzio Samuele Calamucci, in una conversazione intercettata dai carabinieri il 5 maggio dell’anno scorso, si vantava con il suo interlocutore di avere “documenti dell’epoca del primo ministro Silvio Berlusconi, fatto da un carabiniere nostro amico”. Parla di un “video di Morabito”, riferendosi al boss Rocco Morabito arrestato in Brasile ed estradato dopo una lunga latitanza. Cita materiale sui boss Bernardo Provenzano e Totò Riina: “Questa documentazione qua sono abbastanza certo che in Italia non ce l’abbia nessuno”. In un’altra conversazione, il titolare della Equalize Enrico Pazzali chiedeva: “Il video di Ruby dov’è?”.
File nascosti, dati carpiti su oltre 800mila persone che potrebbero essere state spiate dal “gruppo di via Pattari 6”, e anche lo sterminato archivio cartaceo di Carmine Gallo, occultato nel garage della sua segretaria e ora posto sotto sequestro: scatoloni con faldoni pieni di documenti, raccolti nel corso di decenni di investigazioni e catalogati con cura da Gallo, che temeva di essere scoperto. “Dobbiamo essere puliti”, spiegava, intercettato. “Ha passato i guai Montante”, diceva riferendosi all’ex leader di Confindustria Antonello Montante, accusato di dossieraggio per colpire gli avversari e condizionare la politica.
Atti giudiziari, dossier, dati che ora verranno analizzati dagli inquirenti oltre al materiale informatico sequestrato. Gallo, come emerge dall’inchiesta, spiando il numero uno di Cassa Depositi e Prestiti Giovanni Gorno Tempini, giornalisti e comunicatori, aveva tenuto traccia di relazioni e contatti telefonici con il gotha della finanza e della politica e “interazioni” su WhatsApp: gli ex ministri Giulio Tremonti, Franco Bassanini e Luigi Di Maio, Azzurra Caltagirone e Barbara Berlusconi, tra i nomi che compaiono. L’esistenza dell’archivio segreto di Gallo emerge da numerose intercettazioni agli atti dell’inchiesta.
L’ex ispettore della polizia di Stato, che prima di andare in pensione e ricollocarsi nel settore privato è stato in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata (“ho sempre onorato le istituzioni, chiarirò”, dice), parlando con Calamucci, l’hacker del gruppo, faceva riferimento alla “destinazione finale del proprio archivio”, che era “occultato” a casa della segretaria della società di investigazione Equalize di cui è amministratore, fondata dal presidente della Fondazione Fiera Milano Pazzali.
Gallo spiegava, si legge negli atti, di aver portato da poco degli scatoloni a casa della segretaria e che lei li avrebbe dovuti spostare in un garage. “Non c’ha le chiavi del garage – raccontava – quindi gli scatoloni li ho portati a casa sua. Ha detto poi li porta lei giù (...) così siamo a posto, non dobbiamo avere nulla qua”. Quell’archivio, soprattutto cartaceo, alla fine è stato portato alla luce e sequestrato nell’ambito dell’inchiesta. Documenti che ora verranno messi sotto la lente, con un primo lavoro di scrematura per separare il materiale che può avere un interesse investigativo dalle altre carte. L’estate dell’anno scorso, Gallo ha raccontato ai suoi di avere “quasi un 15, 16mila schede personali di soggetti, ma non soggetti mafiosi, anche soggetti non mafiosi, nome, cognome, dove è nato, a chi è collegato, la famiglia chi sono, i parenti chi sono” e “la mappa delle famiglie calabresi in Germania, che me la sono presa dai tedeschi quando sono andato li per Duisburg, un attimo che si son distratti”. Oltre ai video su Silvio Berlusconi e sul caso Ruby, ha spiegato di aver “tantissimo materiale” come un “database che non ce l’ha nessuno”, anche sui sequestri di persona.
Tra i nomi degli spiati dal gruppo compaiono Ginevra Caprotti, della dinastia di Esselunga, e Ginevra Csillaghy Furstenberg. Società come Skira Editore, storica casa editrice italiana di libri d’arte, finita sotto la lente degli hacker durante il passaggio alla francese Chargeurs. Usavano cautele quando dovevano fare ricerche su politici o “personaggi in vista” per evitare di far scattare i controlli, come emerge da una conversazione fra Calamucci e Giulio Cornelli, un altro indagato: “Politici nazionali, uomini di interesse. Mentana, ad esempio quella roba lì gli parte l’alert”.