Lunedì 27 Gennaio 2025
RITA BARTOLOMEI
RITA BARTOLOMEI
Cronaca

La storia della piccola Matilde e del trapianto miracoloso alle Molinette. “Noi rinati, vorrei dire grazie alla famiglia del bambino che non ce l’ha fatta”

A 8 mesi ha ricevuto il fegato di un bimbo di 5. La madre: “Un giorno vorrei farle capire che ha avuto un dono, per la seconda volta. E porta una grande responsabilità, perché con lei c’è un altro piccolo”. Il professor Renato Romagnoli: intervento eccezionale, ecco perché

La piccola Matilde a otto mesi è stata salvata all'ospedale Molinette di Torino da un trapianto di fegato donato dalla famiglia di un bimbo morto a 5 mesi. I genitori con la piccola e il professor Renato Romagnoli, direttore del Dipartimento trapianti

La piccola Matilde a otto mesi è stata salvata all'ospedale Molinette di Torino da un trapianto di fegato donato dalla famiglia di un bimbo morto a 5 mesi. I genitori con la piccola e il professor Renato Romagnoli, direttore del Dipartimento trapianti

Torino, 26 gennaio 2025 - Matilde, bambina di appena 8 mesi, è stata salvata dal trapianto di fegato ricevuto da un bimbo ancora più piccolo di lei, morto a soli 5 mesi. Una storia che toglie il fiato. Un intervento eseguito all’ospedale Molinette di Torino dal professor Renato Romagnoli, direttore del Dipartimento trapianti. Era già pronto il padre della piccina, l’operazione sarebbe dovuta avvenire 72 ore dopo.

La storia per punti

Le parole della mamma della bambina

“Mi sento rinata, ogni volta che racconto la storia di Matilde mi emoziono”, confida al telefono con Quotidiano.net la madre della bambina, che ha 38 anni ed è un’operatrice socio-sanitaria. “Un giorno - si commuove - le vorrei raccontare quello che è successo con il sorriso. Vorrei far capire a Matilde che ha avuto un dono, per la seconda volta. E porta una grande responsabilità, perché con lei c’è un altro bambino che non ce l’ha fatta”.

La storia di Matilde

La piccola operata alle Molinette ora si trova ricoverata all’ospedale Regina Margherita. La sua patologia: atresia delle vie biliari, una malformazione al fegato che provocava un accumulo di bile. E quella sofferenza si specchiava nel volto della piccina. “Matilde è nata rosea - racconta la mamma - ma dopo una decina di giorni ha iniziato ad avere un colorito giallastro. Il pediatra mi tranquillizzava, mi diceva che non era niente. Ma il colorito peggiorava, non mi sono fidata di quelle rassicurazioni. Una mamma lo sente. E poi la bambina piangeva sempre, giorno e notte”.

L’istinto di madre aveva già capito quello che i medici avrebbero poi chiarito benissimo: Maltide soffriva di una grave malformazione. “Ricordo che al Regina Margherita mi hanno detto subito: non vogliamo spaventarla ma questa bambina ha un colorito bruttissimo”. Gli esami del sangue hanno dato una conferma. “La nostra bambina è entrata in ospedale a due mesi - riprende il racconto della mamma -. Ed è stata sottoposta ad un primo intervento, riparativo. Ma non è andato a buon fine, il fegato era già troppo compromesso”. Matilde rischiava di morire “entro l’anno di vita”, spiega al telefono il professor Romagnoli.

Le difficoltà del trapianto

“L’intervento è durato 11 ore - chiarisce il chirurgo -. La difficoltà era rappresentata anche dalle caratteristiche del donatore, un bimbo di appena 5 mesi e sei chili di peso. Quindi parliamo di un fegato molto piccolo, di vasi molto piccoli. Sono trapianti eccezionali, capitano ogni tot anni. E ogni volta è una sfida. Quando un fegato nasce è immaturo, si dice che fino a circa 40 giorni di vita non è utilizzabile per i trapianti. Qui eravamo a 5 mesi, in un donatore molto piccolo, poco più che neonato, lo abbiamo definito un infante, come la bambina ricevente”.

Come sta oggi la piccola Matilde

“La bimba è stata operata il 12 gennaio e adesso è ricoverata in un reparto ordinario. Contiamo che possa tornare a casa tra pochi giorni, direi in settimana  – è la valutazione del professore -. Le precauzioni sono quelle di tutti i trapianti, prima di tutto non esporla alla visita di troppe persone per evitare il rischio di infezioni respiratorie”.

"L’attesa del trapianto e la gratitudine”

Il momento più delicato, confida Romagnoli, “è l’attesa dell’organo, lì ci si gioca la vita. Il papà di Matilde si era offerto, lo avremmo operato due giorni dopo, era tutto pronto. Perché non era prudente, non era saggio attendere oltre”. La madre di Matilde dice che quella telefonata le ha tolto il respiro. “Non ce l’aspettavamo. Nella felicità di quell’istante sono rimasta spiazzata. Quando mi hanno parlato di donatore ‘pediatrico’ ho realizzato che da qualche parte un altro bambino non ce l’aveva fatta. Ho anche cercato su Google, perché ti resta quel desiderio, sapere chi ha compiuto un gesto tanto grande e dire grazie”.