Trento, 14 gennaio 2023 - Marmolada: i periti hanno stabilito che il crollo del 3 luglio era imprevedibile. Quella caldissima domenica d'estate sulla Regina delle Dolomiti si contarono 11 vittime. Tra gli scampati Elisa Dalvit, 40 anni, consulente finanziario e mamma di due bambine, testimone della tragedia. Certa che "chi ama la montagna e decide di salire su un ghiacciaio è ben consapevole di quel che sta facendo".
"La tragedia era imprevedibile"
Elisa, quella domenica la temperatura in vetta era anomala. "Sono consapevole di questo, del periodo storico che stiamo vivendo. E ricordo tutto di quel giorno. Nessuno pensava a un crollo. La preoccupazione del capocordata erano le crepe, che potesse succedere qualcosa sotto, al terreno che si andava a calpestare. Se qualcuno si fosse trovato in difficoltà, l’altro doveva essere pronto con la piccozza. Subito, senza stare a pensarci o a guadare giù. Questa è stata una catastrofe naturale".
La passione per la montagna e la prudenza necessaria
È tornata sul ghiacciaio, lei che ama così tanto la montagna? "No - risponde la giovane mamma -. Solo a guardarlo da lontano mi viene... Non ci tornerò mai più. O forse porterò le mie figlie fino a all’imbocco del ghiacciaio. Stop. Mi è andata bene una volta, non posso rischiare la seconda. La prima volta lo fai con incoscienza. E poi il ricordo pesa, non mi sento in grado di affrontarlo. Ma in questo momento storico la montagna sta cedendo. Di notte le slavine scendono".
"Le valanghe e le morti, la montagna è malata"
Sono tanti gli episodi che ci sono rimasti nel cuore anche in questo inizio d'anno. La maestra di sci Giulia Ramelli e il maresciallo dei carabinieri Giovanni Andriano, tra Cortina e la Val Gardena. Travolti e uccisi da valanghe. Elisa, cosa vede nel futuro della Marmolada? "Dobbiamo cambiare qualcosa. Anche quest’inverno è del tutto anomalo. L'altra sera alle 19: 40 c’erano 5 gradi, impensabile. Da piccola ricordo che in questi giorni si scendeva a meno 11, meno 12. La nostra montagna è malata. Non so come sia in giro per il mondo. Ma queste zone le conosco bene e sono davvero cambiate tanto, rispetto a quando ero piccola".
Il boato, la morte e un grande senso di colpa
Lo choc di aver visto morire gli alpinisti, un ricordo incancellabile. Qual è l’immagine che le viene incontro di quel giorno? "Risento il boato, rivedo il distacco della montagna, perché si è staccata una parte di montagna non era solo una valanga di ghiaccio. Le persone travolte, che cadono, io sono sotto choc. Quando finisce tutto, alzo gli occhi e guardo in alto, verso il cratere. Splendeva il sole e si rifletteva in un colore azzurro paradisiaco. Un'immagine incredibile che mi provocato un grande senso di colpa".