Roma, 16 novembre 2024 – La storia di Margaret Spada, morta a 22 anni dopo una rinoplastica, è lo specchio tragico di una società che si affida al virtuale per decisioni reali. Un medico trovato su TikTok, sorrisi rassicuranti e promesse di risultati impeccabili. È bastato un video, breve e accattivante, per abbattere ogni barriera critica e trasformare un intervento complesso in un gesto banale. “Solo venti minuti per una rinoplastica”, recitava lo slogan. Ma il tempo, nella vita concreta, non perdona scorciatoie.
Dietro quei filtri di perfezione, dietro la narrazione patinata dei social, si nascondono rischi che non fanno mai parte del racconto. L’assenza di una cartella clinica, di analisi pre-operatorie, di un consenso informato non sono dettagli. Sono omissioni che hanno reso inevitabile un dramma evitabile. Margaret non aveva motivo di sospettarlo: ciò che appariva familiare e rassicurante era, in realtà, profondamente pericoloso. Incastrata da un sistema più grande di lei. I social non premiano la competenza, ma l’apparenza. Quando i follower diventano una presunta certificazione di qualità, si perde inevitabilmente la capacità di distinguere il vero dal falso. Il mondo digitale banalizza, semplifica, spinge a fidarsi e agire rapidamente. Proprio come se il rischio non fosse reale. Ogni filtro abbellisce, ogni video rassicura. Ma dietro l’estetica del “prima e dopo” si cela un sistema che riduce l’intervento medico a un’esperienza social-friendly.
Margaret è una vittima di questo sistema, ma non è sola. Le promesse digitali non mostrano le complicazioni, le procedure mancate, i pericoli reali. Così ciò che è irreversibile viene trattato con leggerezza. Anche la mancanza di competenze e titoli, che può diventare dannatamente fatale. Ora più che mai dobbiamo chiederci quanto siamo disposti a sacrificare sull’altare dell’apparenza e dell’algoritmo.