Mercoledì 18 Dicembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Cronaca

Maltempo, 9 miliardi contro il dissesto. "I soldi ci sono, mancano i progetti"

D'Angelis: in cantiere l'8% delle opere Maltempo, così l'Italia frana. Troppe direttive e la sicurezza fa flop Previsioni meteo, senza tregua: nuove piogge (anche forti)

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Roma, 12 settembre 2017 - Le opere da fare, le sanno. Una per una. Ma solo una minima parte degli interventi necessari è progettata. È per questo che i cantieri per la messa in sicurezza dell’Italia non si aprono. A dirlo è Erasmo D’Angelis, responsabile della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche di Palazzo Chigi.

È veramente la mancata progettazione a frenare gli interventi?

«Tre anni fa abbiamo chiesto alle Regioni, alle autorità di bacino, ai consorzi di bonifica quali fossero le opere da fare e oggi abbiamo un piano nazionale di quasi 9300 interventi per combattere il dissesto idrogeologico, che è finanziato per 9 miliardi e 200 milioni, 7 dei quali europei. Complessivamente serviranno 27 miliardi su 15 anni, ma a oggi i soldi sono più dei progetti. Molti di più. La sorpresa amara è che solo l’8% di queste opere è progettato ed esecutivo. Tutto il resto è ancora molto lontano dai cantieri. Ed è un paradosso perchè le risorse ci sono e non appena un’opera diventa esecutiva, va a gara». Maltempo, così l'Italia frana. Troppe direttive e la sicurezza fa flop / Previsioni meteo, senza tregua: nuove piogge (anche forti)

Di chi è la colpa?

«Del sistema Paese che non mai fatto pianificazione e ha inseguito sempre le emergenze. Adesso abbiamo nominato tutti i presidenti di Regione commissari di governo contro il dissesto idrogeologico, loro hanno le strutture commissariali che potranno occuparsi della progettazione per poi mettere a gara le opere. Lo schema funziona, ma ci vorrà tempo: serve mediamente un quinquennio perche i cantieri delle opere ancora non progettate si aprano».

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Quanto è grave il dissesto?

«Noi abbiamo il quadro chiaro, forse per la prima volta nella storia della Repubblica. Sappiamo di avere circa l’11,5% del territorio urbanizzato a rischio frana o alluvione. Questa situazione è figlia di una urbanizzazione non di rado insensata che negli scorsi decenni ha interessato anche aree di esondazione dei fiumi, parchi, versanti instabili. E i tre condoni negli ultimi 30 anni, che hanno sanato quasi un milione di edifici di solito costruiti dove non si doveva, hanno aggravato la situazione».

Quanto pesano scelte come l’intubamento di fiumi e fossi in alvei artificiali dai quali oggi, come si è visto a Livorno, puntualmente esondano?

«Molto. Il cosiddetto tombamento di tanti fiumi e ruscelli, caro all’idraulica della prima metà del secolo scorso, lo stiamo pagando caro per il combinato disposto di sviluppo urbanistico e cambiamenti climatici che rendono quegli alvei artificiali assolutamente inadeguati. Noi abbiamo calcolato che in Italia abbiamo circa 12 mila chilometri di corsi d’acqua tombati. Ogni città ha torrenti se non fiumi spariti sotto l’asfalto. E dato che i fiumi gli spazi prima o poi se li riprendono, oggi abbiamo situazioni di grande rischio. È necessario intervenire perchè abbiamo tante micce innescate sotto le città».

E alla fine lo state facendo?

«A Genova abbiamo investito 402 milioni di euro per 9 cantieri per allargare le sezioni tombate del Bisagno, del Fereggiano, del Polcevera. A Milano, con un investimento di 100 milioni, stiamo sistemando i 9 chilometri sotterranei del Seveso. E stiamo lavorando anche per creare casse di espansione fluviali a monte delle città, come a Firenze, dove siamo intervenuti con un investimento di 120 milioni. Ma ci vorranno anni per sistemare tutto».

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