Domenica 22 Dicembre 2024
ANTONIO TROISE
Cronaca

Allarme maltempo, le opere mai fatte: così l’Italia resta a rischio e i fiumi fanno paura

Drenaggio del terreno, a Milano al palo interventi per 50 milioni. In tutto il Paese dei 21 miliardi stanziati per salvare il territorio solo il 6% è stato speso

Roma, 1 novembre 2023 – Ci sono i fondi bloccati del progetto ‘Milano città spugna’, 50 milioni per per favorire il drenaggio del terreno con l’installazione di una pavimentazione capace di assorbire anche la pioggia più violenta, garantendo una riqualificazione in ottica green di vaste zone. Ma anche i cantieri contro il dissesto idrogeologico a Sesto San Giovanni. E, sempre per restare in terra lombarda, il grande progetto di messa in sicurezza del fiume Seveso, il principale fattore di rischio della città sul fronte del dissesto idrogeologico.

Il crollo parziale di un ponte sul Taro, a Ozzanello nel Comune di Terenzo (Parma), a causa della piena
Il crollo parziale di un ponte sul Taro, a Ozzanello nel Comune di Terenzo (Parma), a causa della piena

Il piano anti esondazione, da 170 milioni, prevede la creazione di quattro vasche per contenere le piene. Ma i lavori non sono stati ancora completati. L’unico cantiere a un passo dalla chiusura è quello di Bresso, dove sono state realizzate paratie che dovrebbero entrare in funzione in caso di allerta grave rovesciando fino a 250mila metri cubi di acqua in un bacino di contenimento. Ma, in generale, le opere che dovrebbero proteggere i cittadini dalle alluvioni marciano a rilento. E, come nel caso del progetto milanese, sono state stralciate, non senza violente polemiche, dal Piano nazionale di ripresa e resilienza perché avevano accumulato ritardi tali da non poter tagliare nei tempi previsti (agosto 2026) il traguardo fissato dalla Ue. Una corsa contro il tempo contro cui si sono ’schiantati’ circa 1,3 miliardi di opere previste dal Pnrr contro il dissesto idrogeologico e gestite direttamente dai Comuni con l’obiettivo, si legge nel documento, "di mettere in sicurezza in tutto il Paese circa 1,5 milioni di cittadini che vivono in aree a rischio".

Il problema, insomma, è sempre lo stesso: passare dalla progettazione all’attuazione degli interventi. Un dato per tutti. Secondo le tabelle ufficiali di Mef e presidenza del Consiglio, la somma stanziata negli ultimi anni per proteggere il Paese da frane e alluvione si attesta sui 21 miliardi di euro. Ma la spesa è ancora ferma più o meno al 6%. Se consideriamo solo la gestione del rischio di alluvione, gli stanziamenti si attestano sui 2,5 miliardi di euro. Di questi, 1,687 miliardi sono stati finanziati con risorse nazionali e saranno, progressivamente, coperti con i fondi del Pnrr. I soggetti attuatori, beneficiari dell’investimento, sono le Regioni, in qualità di Commissari di governo per il contrasto del dissesto idrogeologico, e le province autonome. Ma a che punto sono i progetti? A luglio 2022 si è chiusa la prima ricognizione con le Regioni e sono stati individuati 667 progetti già avviati con altri fondi e coerenti con il Pnrr per 1,148 miliardi di euro, di cui 541 milioni coperti con fondi nazionali. Le verifiche tecniche per l’inclusione delle opere nel Pnrr è in corso. Ma, precisa il ministero dell’Ambiente, "i progetti continuano la loro attuazione senza soluzione di continuità, in quanto la valutazione di coerenza opera solo ai fini contabili".

La Regione che dispone della quota maggiore di risorse è l’Emilia-Romagna, con un importo di 228 milioni di euro, con una prevalenza dell’Emilia sulla Romagna. Altro grande tema, quello delle barriere contro le esondazioni. In Italia ci sono 531 grandi dighe, ma almeno 100 sono fuori uso col risultato che raccogliamo 8 miliardi di metri cubi di acqua all’anno invece dei 13 programmati. Vanno un po’ meglio le cose per i consorzi di bacino. A parte gli 800 milioni previsti dal Pnrr (opere che dovrebbero essere completate entro i prossimi tre anni), gli interventi relativi alle vecchie programmazioni dei fondi comunitari (dal 2014 in poi) sono completate, spiegano all’Anbi (l’associazione che riunisce i consorzi) al 90%. Interventi che per la Lombardia si attestano sui 140 milioni di euro anche se, a fare la parte del leone, c’è sempre l’Emilia, con una dote di 540 milioni.