Venerdì 26 Luglio 2024

Maxi operazione tra Milano e Viterbo, arrestato il boss terrorista turco Baris Boyun: “Bombe umane, razzi, attentati”

Smantellata la banda criminale accusata anche di terrorismo e omicidio: in manette 19 persone. Indagati anche due avvocati italiani. Gli arresti eseguiti da centinaia di agenti delle forze italiane e dell’Interpol

L'operazione avvenuta mercoledì mattina. Nella foto, il boss Baris Boyun

L'operazione avvenuta mercoledì mattina. Nella foto, il boss Baris Boyun

"Bombe, razzi: radete al suolo quella fabbrica. Tutta la Turchia parlerà del mio attentato”. Parlava così Baris Boyun, il boss di una delle più efferate bande criminali turche arrestato mercoledì mattina a Viterbo nel corso di una vasta operazione di polizia. Il blitz ha coinvolto centinaia di agenti delle forze dell’ordine e ha portato complessivamente all’arresto di 19 persone – tutte di nazionalità turca – residenti tra Italia, Svizzera, Germania e Turchia.

Boyun, 39 anni, è considerato un terrorista dal governo guidato da Recep Erdoğan, e la sua organizzazione è accusata anche di attentati, omicidi, traffico di armi e droga nonché di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Su provvedimento del giudice per le indagini milanese Roberto Crepaldi, la task force congiunta delle forze dell’ordine italiane e dell’Interpol ha fatto irruzione in un appartamento in via Cardinal G. Francesco di Gambara nella frazione viterbese di Bagnaia, dove Boyun stava da tempo agli arresti domiciliari. Intorno alle 5:30 l’uomo è stato portato via dagli agenti per essere condotto presumibilmente a Milano.

L’arresto nel 2022 e la battaglia legale

Boyun era stato arrestato nell'agosto del 2022 a Rimini, a seguito di un mandato di cattura internazionale emesso nei suoi confronti dal governo turco per le accuse di omicidio, minacce, lesioni, associazione a delinquere e violazione sulla legge sul possesso di armi.

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Al momento del suo arresto, Boyun aveva fortemente rigettato le accuse, sostenendo di essere un perseguitato politico di origini curde, e di aver già chiesto la protezione internazionale all'Italia. In seguito, il presunto boss era stato al centro di battaglia legale tra lo Stato italiano e quello turco, che ne aveva chiesto l'estradizione. Richiesta che era stata rigettata prima, dal tribunale di Bologna e in seguito dalla Corte di Cassazione.

La banda di Boyun: 18 arresti

Le accuse a carico dei 19 membri della banda sono, a vario titolo, associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un'associazione con finalità terroristiche e a commettere attentati terroristici, detenzione e porto illegale di armi “micidiali” e di esplosivi, traffico internazionale di stupefacenti, omicidio e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

L'indagine è nata nell'ottobre 2023 dopo l'arresto di tre componenti dell'organizzazione mentre cercavano di raggiungere la Svizzera: erano in possesso di due pistole, di cui una clandestina, munizioni e materiale di propaganda. I tre stavano facendo da scorta al loro capo, Boyun, e alla compagna, i quali viaggiavano su una macchina separata.

La rete criminale guidata da casa

Gli investigatori della Squadra Mobile di Como, della sezione investigativa di Milano e dello Sco di Roma, guidati dalla Procura, hanno documentato come Boyun, da un'abitazione di Crotone dove era ai domiciliari con braccialetto elettronico per detenzione e porto di arma comune da sparo, continuava a dirigere e coordinare dall’Italia la sua rete che agiva in Europa.

Risultano indagati dalla Procura di Milano anche due avvocati di fiducia, uno del foro di Milano e l'altro di quello di Bologna, del presunto boss. I legali sono indagati per ricettazione perché – secondo l'ipotesi inquirente – sarebbero stati consapevoli che i compensi in contanti ricevuti da Boyun per onorare le rispettive parcelle avessero un’origine illecita.

L’attentato fallito

L’organizzazione di Bayun era attiva anche nell’ingresso dei migranti, dietro tariffe, attraverso la rotta Balcanica, ma è accusata anche dell’omicidio di un suo concittadino avvenuto il 10 marzo scorso. Il boss coordinava reati, anche terroristici, in Europa, in particolare a Berlino.

In Turchia, invece, sarebbe stato la “mente” dell'attentato, poi sventato grazie allo scambio di informazioni tra le polizie italiana e turca, a una fabbrica di alluminio del 19-20 marzo scorso. In quell’occasione aveva mostrato di poter disporre di armi con una elevata potenza di fuoco e di molto denaro, proveniente per lo più dal traffico di sostanza stupefacente, ma anche dal contrabbando delle sigarette e di farmaci.

“Radete al suolo quella fabbrica”

“Dammi una settimana di tempo, sto facendo grandi preparatorie, tutta la Turchia ne parlerà”, diceva Boyun parlando dell’attentato sventato grazie “all'intervento della polizia turca” allertata dagli investigatori italiani. “L'incessante numero di telefonate di Boyun consente di seguire praticamente in diretta i preparativi dell’attentato", scrive il giudice per le indagini preliminari. Dalla “costituzione del gruppo di fuoco” ai “sopralluoghi alla fabbrica attraverso il drone” fino all'ipotesi della “bomba umana”.

Boyun, nel marzo scorso, diceva: “siete pronti, ragazzi? Buona fortuna in battaglia! Radete al suolo quella fabbrica”. La Polizia italiana, però, "aveva provveduto a informare le autorità turche che inviavano sul posto numerose pattuglie impedendo la consumazione dell'attentato alla fabbrica e al Burhanettin Saral", il titolare ed esponente di un gruppo criminale “rivale” a quello di Boyun. Saral era anche giudicato da Boyun “responsabile” di un “attentato” ai suoi danni.

L'obiettivo "diretto dell'attentato" alla fabbrica, spiega il gip, era "proprio il Saral, ma l'intenzione del Boyun e dei suoi uomini" era, comunque, "di interferire con lo status quo esistente Turchia". Boyun voleva "scalzare il gruppo attualmente al potere, che corrompe lo Stato e lo considera come un criminale di quarta categoria". E proprio per dimostrare la propria potenza al potere politico turco, per Boyun è indifferente che si riesca davvero ad uccidere il rivale o meno: “se questo affare non avesse successo, credimi – diceva intercettato – faremo puntare su di loro gli occhi dello Stato e poi li spaventeremo noi”.