“Al lupo, al lupo”: si perde nella notte dei tempi la difficile convivenza fra l’uomo e il “canide“ più temuto. Anche in Italia i lupi ora rischiano di finire nel mirino delle doppiette. Strasburgo ha infatti dato il via libera al declassamento della sua protezione. Con la nuova decisione passerà da specie animale «strettamente protetta» a «specie animale protetta». E se almeno un terzo degli Stati firmatari della Convenzione di Berna (17 su 49) non si opporrà, la decisione entrerà in vigore fra tre mesi. L’abbassamento dello status di protezione rende possibile la cosiddetta gestione delle popolazioni: il lupo rimane protetto, ma in linea di principio la caccia è possibile. Mentre alcuni Cantoni della Svizzera si erano già portati avanti con l’abbattimento di una quarantina di esemplari, in Italia il lupo è ancora sotto tutela, non è cacciabile.
In Italia, la popolazione di lupi è stimata intorno ai 3.300 esemplari, con circa 950 lupi nelle Alpi e quasi 2.400 nel resto del Paese. Se oltre confine una convivenza non sembra più possibile, anche al di qua delle Alpi le proteste e le preoccupazioni di allevatori e qualche residente sono in forte aumento. L’ultima in ordine di tempo è quella di un gruppo che raccoglie 250 allevatori e agricoltori tra Val Seriana, Val di Scalve, Val Cavallina e parte della Val Brembana. Si sono rivolti al prefetto per chiedere l’eradicazione del lupo. E sembra che anche nel resto d’Europa per questo animale siano tempi bui.
«La presenza del lupo ha un ruolo ecologico fondamentale perché regola il numero degli altri ungulati che sono quelli che in sovrannumero creano i problemi all’agricoltura. Contestiamo quella che è una scelta di interesse politico, di opportunità e non culturale – commenta Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità di Legambiente –. Il mondo scientifico e gli stessi dati dell’Unione europea dicono che le popolazioni di lupi non sono così in salute. Anzi, la maggior parte resta a rischio. Aprire la caccia, se questa fosse la tendenza, non ridurrà gli attacchi al bestiame, anzi. Uccidere i lupi in questo modo determina perturbazioni delle dinamiche all’interno del branco provocando comportamenti ancora più imprevedibili. L’esperienza dell’Appennino può aiutare molto chi vive nell’Arco Alpino». Nei contesti appenninici infatti c’è maggiore tolleranza del fenomeno del ritorno dei grandi mammiferi. In molte aree il lupo e gli orsi non se ne sono mai andati. «In Appenino i pastori hanno sempre tramandato la convivenza, imparando tecniche di prevenzione. Su questo la politica dovrebbe cambiare passo». Ma forse non vuole e la destra in Europa esulta: «La decisione sul declassamento del lupo segna un passo avanti nella tutela delle attività produttive e della sicurezza delle comunità rurali, ma dimostra che un equilibrio tra conservazione della fauna e tutela delle persone è possibile», ha commentato l’eurodeputato di Fratelli d’Italia-Ecr, Pietro Fiocchi, vicepresidente della commissione Ambiente del Parlamento Europeo, che sui manifesti appesi nella sua città, Lecco, si fa immortalare accanto a un albero di Natale decorato con la cartucce prodotte dall’azienda di famiglia: la Fiocchi Munizioni. Fiocchi è fra coloro che portano avanti la battaglia contro il lupo a Strasburgo. «Ormai è evidente a tutti quanto la natura sia sotto attacco, in Europa come in Italia. Purtroppo, il Governo italiano si è fatto portavoce in Europa di queste istanze antiscientifiche», commenta, Dante Caserta, responsabile Affari Legali e Istituzionali del Wwf Italia.