Per un amore come il suo, lungo sessant’anni e senza una crepa, bisogna procurarsi del calcestruzzo e diventare muratori. "Mi chiedono sempre quale sia la ricetta. È la costruzione di una casa in comune, fatta anche di sacrifici e sofferenze. I grandi amori sono tutti di cemento. Così diventano antisismici, anti tutto". Quando parlava della sua Lucia, Lino Banfi usava sempre il plurale: "Siamo stati due muratori bravissimi: io dirigevo i lavori, lei ha scelto i mattoni adatti". Conosciuta bambina, mai più lasciata. La complice inseparabile di una vita dove si erano divisi le parti: lui, Pasquale Zagaria, che papà voleva prete, a inseguire la gloria con quel nome d’arte suggerito da Totò. Lei, Lucia Lagrasta, contenta di non apparire mai, il superpotere segreto di marito e figli.
La cattedrale che hanno costruito nei tempi degli amori liquidi, quando di un attore agè delle mogli si perde il conto, resta in piedi anche oggi che lei non c’è più. Un tumore al cervello l’ha portata via in meno di un mese a 85 anni. Da tempo entrava e usciva dalle nebbie dell’Alzheimer ma lo voleva sempre accanto: la sua bussola, il suo cemento per i ricordi che si sfaldavano. Felice eccezione fra tanti che si arrendono. Ha dato l’annuncio la figlia Rosanna con un post sui social, pubblicando la foto in bianco e nero della madre che sorride e mangia un gelato: "Ciao mami, ora sei di nuovo così. Buon viaggio". Lui non aveva mai smesso di vederla come allora, quando erano ragazzini e amarsi a Canosa di Puglia senza il consenso dei genitori era cosa da pazzi.
A Verissimo aveva raccontato a cosa porta un amore così: "Mia moglie in questo periodo mi fa delle domande particolari. Qualche giorno fa mi ha detto: senti, Lino, non è che possiamo trovare il modo di morire insieme? Perché, se muori prima tu, io non ce la faccio". Anche per lui era un’idea impossibile, così le scrisse la lettera pubblicata da un settimanale femminile: "Ho riferito al Santo Padre quello che mi hai chiesto di chiedere precisamente. Gli ho raccontato il tuo desiderio, quello di andarcene insieme, nello stesso momento, tenendoci per mano come abbiamo fatto sempre nella nostra vita. Mi ha risposto che non ha il potere di farci andare. Ma pregherà per noi".
Aveva raccontato pubblicamente che in quel viaggio di splendori e presagi l’Alzheimer si era messo in mezzo in maniera brutale: "Non riesco ad accettare che mia moglie non stia bene. Questo è il momento in cui mi sarei solo voluto godere la vita accanto a lei. Mai un viaggio all’estero, una crociera. Adesso che potremmo non ci muoviamo per via della sua malattia". Vulnerabile, umanamente severo nel ripercorrere una biografia sentimentale blindata: "Altri miei colleghi se la spassavano tra sesso e festini, io no. Sono sempre stato a casa, accanto alla mia famiglia. Ho lavorato con le più belle attrici europee, ma nei miei pensieri c’è sempre stata solo lei. Ho rifiutato di recente un ruolo che mi avrebbe portato in Germania perché le sarei dovuto rimanere tre mesi lontano". Perché Lucia era sempre lì, malgrado l’evanescenza straziante: "Mi sorride, mi riconosce e capisce bene qual è e quale sarà la sua condizione. A volte mi chiede come farò quando non riuscirà più a riconoscermi. Io, per tranquillizzarla, le dico che è semplice: ci ripresenteremo un’altra volta".
Si erano conosciuti da ragazzini, 15 anni lui e 13 lei, per sposarsi dopo dieci di fidanzamento il primo marzo del 1962. Le famiglie non volevano, quella di lei non si fidava di uno che voleva fare l’attore. Ci volle l’espediente della fuitina. "Mio padre pensava a quella ragazza bella e buona. Diceva: metti la testa a posto, non la fare soffrire. Lucia aveva un negozio. E un milione di risparmi, che a quel tempo in Puglia ci compravi un piccolo appartamento. Tutto bloccato, restava la fuga. Allora la Chiesa era un po’ cattivella: eravamo in punizione, niente cerimonia tradizionale e velo bianco. Ci siamo dovuti accontentare di una funzione carbonara alle sei del mattino in una sagrestia a 50 chilometri da casa. Un po’ triste, ma ci siamo rifatti".
Erano in quattro: loro due, don Stefano e un amico con le fedi che arrivò in ritardo. "Io dissi a quella che era appena diventata mia moglie di non preoccuparsi, che se Dio ci avesse dato la forza di stare insieme cinquant’anni dopo avremmo fatto una cosa da principi. Lo giurai: voglio il papa, lascia fare a me. Lei mi guardava come si guardano i pazzi". Nel 2012 si risposarono a Roma nella Cappella di Sant’Andrea Corsini in Laterano. "Se non fosse stato per Lucia avrei abbandonato la carriera di attore. Mi ripeteva: ti preferisco povero e felice. A me che vedo sempre il bicchiere mezzo vuoto, il suo ottimismo ha portato fortuna". Ecco la ricetta per fare durare l’amore. E un’altra cosa: "Dite ti amo. Ormai non si usa più, ma sono parole che danno forza. Se non ci riuscite, dite almeno ti voglio bene, anche se non è la stessa cosa".